Quel giornalista “quasi per caso” come lo racconta Vincenzo Vita è stato il miglior direttore che ho conosciuto, purtroppo anche per il tempo più breve. La lottizzazione DC-PSI “consacrata” dalla riforma del ’76 e allargata in seguito al PCI non tollerò a lungo personalità indipendenti ai vertici della RAI. Quando si trattò di formare la squadra del neonato TG2, quasi tutti noi che venivamo dal settimanale Tv7, al quale anche lui aveva collaborato, optammo per entrare nella sua redazione. Non gli ci volle molto per convincermi. Eravamo alla vigilia di importanti elezioni amministrative a Roma e mi propose di realizzare, per il nuovo settimanale monotematico, “Tg2 dossier”, uno dei primi numeri, dedicato interamente ai mali della capitale. Era il segnale che non avrebbe tenuto conto della mia fama di “contestatore”. Qualche mese dopo me ne affidò un altro, tutto dedicato al dibattito in corso nella DC alla vigilia del congresso nazionale.
Se pensiamo alla concessione sempre fatta ai partiti di avere in queste occasioni un cronista di loro gradimento, una novità non da poco. Dopo la messa in onda mi chiamò per dirmi che il suo amico Ciriaco De Mita, che veniva ogni domenica in redazione a seguire la partita di campionato, aveva avuto qualcosa da ridire. Mi aspettavo una ramanzina. “Fagli una telefonata, ti prego”, mi disse. La stessa sorridente sobrietà aveva negli incontri col comitato di redazione, di cui facevo parte con Tito Cortese ed Ettore Masina. Dieci anni dopo chiese e ottenne il distacco mio e di altri colleghi del Tg2 (Franco Rinaldini, Fausto Spegni, Giancarlo Monterisi) per la redazione di “Scenario”, una trasmissione per la RAI 3 di Angelo Guglielmi. Ma anche quella fu una breve stagione. Racconto queste cose per la prima volta, ma sono certo che molti altri ex colleghi del Tg2 di allora serbano di Andrea un ricordo altrettanto grato e commosso del mio. Chiedo scusa a Vincenzo Vita e ad Articolo 21, se alla “nostra cartolina” ho voluto aggiungere anche questa personalissima mia.