Caro Carlo,
da tua fan, da romana e anche da quasi coetanea mi permetto di darti del tu. Ma lo sai quanto ti amiamo, noi romani? Quante risate, quante serate, quante battute dette e ridette per imparare a ridere di noi stessi, esercitando quel magnifico esercizio che si chiama ironia, ci hai regalato? Per questo e per mille altre cose, non smetteremo mai di ringraziarti. Non io, almeno. Ed è proprio per amore che ho deciso di scriverti. Sono una critica cinematografica di mestiere, ma ti scrivo senza tenerne conto, e spero vorrai farlo anche tu, leggendo. Vorrei comunicarti alcune mie riflessioni su “L’abbiamo fatta grossa”. Sono entrata in sala con qualche dubbio, ma anche con intramontabili speranze, perché una serata davanti a una buona commedia è qualcosa di impareggiabile, è il top del sabato sera. Ma non è andata bene.
Non ho riso, non sono stata con voi, anzi. Mi sono trovata costretta a guardare del pessimo cinema, non scritto, malamente improvvisato, autoreferenziale, sciatto. Per 50 minuti, una noia mortale. Poi un piccolo volano permette al film di concludersi con un minimo di ritmo. Ma, detto francamente, credo che con questo film tu abbia toccato il fondo. Il fondo sì, perché hai deciso non so quanto scientemente e non so esattamente quando, di abbandonare la barca, di abbassare le braccia e lasciare che il cinema, su di te, non facesse più presa. Non gli dai più carne né sangue né passione. Che cosa ti è successo? Perché? Siamo in molti, qui fuori, a domandarcelo.
Io ho studiato con tuo padre all’università e poi, da critica ti ho seguito film dopo film. Mi ricordo lo sforzo di uscire da te stesso (da Pasquale, Furio, Mimmo, Enzo, Ruggero, don Alfio), dal tuo personaggio, e poi la forzatura delle produzioni per riportarti a “Grande, grosso e …Verdone”. Mi sa che non lo volevi fare, quel film, tu volevi cambiare cinema. Ci hai provato, ma hai avuto l’impressione che il pubblico non ti venisse dietro (ma “Compagni di scuola” era un piccolo capolavoro). Magari dovevi aspettare un po’ di più, avere un po’ di pazienza, la scommessa valeva tanto.
Tu hai tutto per fare del gran cinema. E anche della gran commedia, facendo un salto di livello. Sei un uomo di grande cultura, raffinato, con una magnifica storia personale, una incredibile esperienza, senso del ritmo, musicalità (forse la cosa più importante). Secondo me sei anche bello e hai un corpo cinematografico magnifico (il tuo ruolo ne “La grande bellezza” è la cosa più indelebile di tutto il film). Lasciamo stare le ultime uscite sul film di Zalone o anche su Benigni. Anche se certe battute fanno pensare che tu abbia perso la misura delle cose, e anche un po’ di stile.
Ma è comprensibile, è tutto collegato, tutto dipende dal fatto che sei fuori strada e non te ne vuoi rendere conto. Se tu avessi i miei (i nostri, di noi fan) occhi, vedresti che hai tutte le carte in mano, e sono tutti assi. Allora perché abbandonare il campo, perché giocare al ribasso, perché smettere di credere? Io ti dico che sinceramente non te lo puoi permettere. Hai un dovere artistico nei tuoi e nei nostri confronti che devi assolvere.
Se ti sei depresso, lo capisco, hai preso bastonate in momenti delicati della tua vita professionale. Succede a molti, è anche una sorta di sfida che la vita ci lancia: se vuoi fare il salto dimostramelo, sembra dirci. Il segreto è non mollare: provare e riprovare ancora. Non smettere mai di provare. E soprattutto, a questo punto della tua carriera e della tua vita, che te ne frega delle leggi del mercato!? Hai bisogno di soldi per fare i film? Sei sicuro che ne servano tanti? Tu già sei nella storia del nostro cinema, ma non sei ancora morto e puoi scommettere con te stesso molto di più. Gioca quelle cazzo di carte che hai in mano, rischia, tenta, sbaglia! Che ti frega se fai anche una figura di merda? Sarà sempre meglio di quell’aria d’abbandono che si respira in “L’abbiamo fatta grossa”, ne sono certa, certissima.
Con amore romano e sincero, tua fan
Roberta Ronconi