Sono talmente tanti i giornalisti uccisi, in territori di guerra così come contro la criminalità organizzata, che spesso i numeri non coincidono. Ma sempre per difetto. Secondo l’ultimo rapporto delle federazione europea della stampa (Ifj) le vittime sarebbero state poco meno di 2300 (esattamente 2.297) negli ultimi venticinque anni. Probabilmente sono di più se si considera una media ormai stabilmente oltre i cento morti l’anno, addirittura 155 nel 2006 che è stato un anno tragico. Basti pensare che l’anno scorso sono stati 135. C’è un dato che offre l’idea di una situazione molto peggiore di come si descrive: l’Ifj indica in 309 le vittime in Iraq dall’inizio della guerra, ma il sindacato dei giornalisti di Baghdad sostiene che siano stati molti più, addirittura 437.
Sul discorso di fondo tutti d’accordo: preoccupa l’impunità degli assassini. Il segretario generale dell’Ifj, Anthony Bellanger, sottolinea che “gli ultimi dieci anni sono stati i più pericolosi. Malgrado gli impegni assunti da vari organismi nazionali e internazionali, fino alle Nazioni Unite, nell’ultimo quarto di secolo la situazione è peggiorata, soprattutto sul fronte dell’impunità di cui godono gli assassini. La Federazione stima infatti che soltanto un omicidio su dieci sia oggetto di un’inchiesta. E il tasso di condanne è ancora più basso. Bellanger osserva inoltre che c’è una tendenza preoccupante per quanto riguarda i casi in cui giornalisti sequestrati vengono uccisi, in molti casi senza neppure chiedere un riscatto.
Il rapporto, 79 pagine in tutto, sarà oggetto di un dibattito al Parlamento britannico e verrà sottoposto anche a un incontro dell’Unesco a Parigi. Sicuramente fra i Paesi più maggiormente colpiti ci sono, subito dopo l‘Iraq, le Filippine con 146 vittime e il Messico con 120. Da brivido anche le statistiche di Siria, Libia, Yemen e India per non dire del Brasile, prossimo organizzatore delle Olimpiadi.
Un dato più attuale (e tragico) riguarda sicuramente l’Afghanistan, nuovamente preda dei talebani. L’ultima vittima in ordine di tempo è infatti Haji Mohammad Zubair Khaksar, un reporter di Nangarhar Tv, ucciso a fine gennaio in un agguato mentre tornava a casa, nel distretto orientale di Surhrod, ai confini con il Pakistan. Nessuna rivendicazione diretta, ma da giorni una stazione radio del posto lanciava minacce ai giornalisti. Un omicidio che segue la strage di Tolo Tv, sette operatori uccisi in un attentato, che fa salire a diciotto il numero dei reporter assassinati quest’anno, quarantatrè dall’inizio del conflitto.