Un popolo ridotto in schiavitù da un figlio di papà che gioca alla guerra è uno spettacolo osceno e tremendamente penoso allo stesso tempo. L’esaltazione di masse omologate e acclamanti mi ha ricordato il fascismo, quando anche noi eravamo nord-coreani. La mancanza di libertà di critica fa retrocedere un’intera nazione nella demenza civile. Con l’accentramento del potere aumentano povertà, fame, ignoranza, disuguaglianza e si sviluppa il fungo saprofita dell’opportunismo. Manifestare sostegno al capo diventa una questione di sopravvivenza materiale. Ma anche di protezione della propria autostima, per illudersi di essere sostenitori liberi e non schiavi coatti.
Guai concedere al potere di concentrarsi. E credere che cedendo sovranità ad un solo uomo tutto sarà più facile e si potrà sempre tornare indietro. Guai pensare che i controllori del potere siano solo gufi disfattisti da isolare. Che la televisione di Stato debba essere filo-governativa per legge, piena di fedeli entusiasti come la giornalista che ha dato la notizia del test nucleare nord-coreano.
Ci stanno propinando riforme costituzionali, istituzionali ed elettorali per rendere – dicono – più fluida l’azione di governo.
La democrazia muore sempre per mano del carismatico che promette governabilità.
C’è una forza di gravità che attira verso la voragine della dittatura. Basta rilassare la presa e i diritti precipitano.
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