Papa Francesco, è il terzo pontefice in visita al Tempio Maggiore di Roma, il 13 aprile del 1986, fu Giovanni Paolo II su invito di un Giusto, l’allora rabbino Elio Toaff a nutrire la bellezza della convivenza e del dialogo nei rapporti ebraico-cristiani e dopo di lui Papa Benedetto XVI fece visita alla Sinagoga di Roma il 17 gennaio del 2010.
Il Pontefice ha deposto i fiori sulla lapide in memoria di Stefano G. Taché, ucciso dal terrorismo palestinese nell’attentato del 9-10-82 e si è soffermato in Largo 16 ottobre 1943, prima di entrare nel tempio, accolto sulla scalinata dal rabbino capo Riccardo Di Segni con cui ha poi raggiunto il centro della Tevà.
Un gesto a tu per tu con la memoria di un tempo in cui la luce del bene moriva in quel “sabato nero” all’inizio dello Shabbat ebraico quando alle 5.15 furorno deportate più di mille persone, uomini, donne, anziani e bambini, imprigionati nei nudi treni del male e diretti nel campo di concentramento di Auschwitz. Solo quindici uomini e una donna ritornarono a casa dalla Polonia, nessun bambino.
La struggente purezza dell’arte dei rapporti umani indispensabile per rendere l’odio, così fertile e violento nell’attuale contesto storico e politico, infecondo.
Il nemico, l’altro, il diverso per credo che va esiliato, scippato della sua libera fede, assassinato in nome di una religione nelle cui scritture non vi è auspicio di morte e la dolente verità nelle parole della Presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello: “l’antisionismo è la forma più moderna di antisemitismo”.
Francesco già durante la visita della delegazione della comunità ebraica in Vaticano aveva affermato che “un cristiano non può essere antisemita”, l’ebreo è un figlio da amare e oggi il papa restando in piedi nel tempio davanti ai sopravvissuti all’orrore della Shoah ha riaffermato come scriveva Sartre che “L’antisemitismo non rientra nella categoria dei pensieri che sono protetti dal Diritto di libera opinione”. Preservare la memoria di 6.000.000 di ebrei uccisi resta l’unico sospiro che può salvare l’umanità dalla profondità del buio, le vittime innocenti, essenza stessa del bene, ci guidano.
“La violenza dell’uomo sull’uomo, è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome”, Papa Francesco in questo incontro d’amore con l’antica comunità ebraica di Roma feconda un futuro di fratelli uniti per l’eternità.