C’ è un ultimo ostacolo, per le unioni civili che stanno per approdare in Senato nei prossimi giorni. E questa volta non sono i dubbi degli alleati del Nuovo Centro Destra che ha una maggioranza di parlamentari legati alla Chiesa e neppure l’opposizione che caratterizza poco meno di una trentina di senatori del partito democratico di fede cattolica apostolica romana (per così dire) ma il dubbio finale arriva dal Quirinale dove ricordano, consultando le carte giurisprudenziali, che c’è una sentenza della Corte costituzionale, la numero 138 del 2010, in cui i giudici costituzionali hanno ricordato che “i costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso.” Insomma, una completa equiparazione con il matrimonio eterosessuale non è ammessa da quella sentenza e la Corte ha sempre difeso nella sua storia che ha ormai superato il mezzo secolo di vita(la prima sentenza è del 1956) l’interpretazione che lei stessa ha dato della carta costituzionale.
La presentatrice del disegno di legge, la senatrice Monica Cirinnà, si affanna a sostenere che le unioni civili non sono matrimoni veri e propri ma “specifiche formazioni sociali” e in un intervista al quotidiano La Repubblica ha precisato ancora ieri che “i riti sono diversi tra le due cerimonie e che per le unioni omo sessuali non ci sono le pubblicazioni e si va semplice mente in municipio con i testimoni.” E che per quanto riguarda l’uso del cognome. Il testo attuale prevede che i soggetti firmatari dell’Unione possano decidere di adottare il medesimo cognome ma questo particolare sarà eliminato per differenziare il matrimonio tra eterosessuali previsto dalla carta costituzionale e quello ammesso per persone dello stesso sesso.
Il Quirinale, invece, a quanto si apprende non ha espresso nessun rilievo sulla stepchild adoption, cioè sulla possibilità che sia adottato il figlio biologico del partner omosessuale. Su questo punto non ci saranno modifiche tanto più che il presidente del Consiglio-segretario del partito di maggioranza, ha fatto sapere che i parlamentari potranno decidere il proprio voto liberamente, senza indicazioni di partito. Uno spazio di libertà che rientra senza alcun dubbio tra quelle fondamentali dei cittadini italiani.