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Rouhani in Italia. In Iran 40 i giornalisti dietro le sbarre

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Un incontro molto atteso, quello tra il presidente iraniano Hassan Rouhani e il premier italiano Matteo Renzi. Gli occhi del mondo, dopo lo stop alle sanzioni nei confronti dell’Iran, sono puntati da mesi su nucleare, lotta al terrorismo e possibilità di nuovi affari. Argomenti che sicuramente troveranno spazio nella discussione tra Roma e Teheran. Il rischio è che a mancare sia un tema fondamentale: quello del rispetto dei diritti umani, in un Paese che solo nel 2015 ha messo a morte oltre 900 persone, che tiene dietro le sbarre oppositori politici e giornalisti, che perseguita minoranze etniche e religiose.

L’Italia, in quanto interlocutore privilegiato di Teheran, non deve perdere l’occasione di contribuire alla rinascita economica del Paese, ma deve anche richiamare l’Iran al rispetto degli standard internazionali relativi ai diritti umani.

Roma è stata capofila per l’abolizione della pena di morte nel mondo. A Teheran, invece, il boia continua a uccidere ogni giorno. E l’elezione del moderato Rouhani, che pur ha ottenuto successi in politica estera, non ha cambiato la situazione. In realtà, proprio sotto la presidenza del successore di Ahmadinejad, si è registrato il più alto numero di esecuzioni negli ultimi 25 anni.

La maggior parte delle esecuzioni, come da anni dimostrano i rapporti annuali di Iran Human Rights, avviene per reati di droga: non solo traffico, ma anche piccolo spaccio. Bastano anche 30 grammi di stupefacenti per finire di fronte al boia. Negli ultimi 5 anni 2.500 persone sono state impiccate con questi capi di imputazione.

Il contrasto al traffico di stupefacenti in Iran è finanziato anche con le risorse internazionali dei programmi dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC). Diversi Paesi europei, quali Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna, a fronte della constatazione che i finanziamenti a quei programmi si traducono, nel caso dell’Iran, in un incremento delle esecuzioni, hanno preso la decisione di non contribuirvi oltre. IHRI ribadisce, ancora una volta, la necessità che l’Italia faccia altrettanto, nel caso in cui l’Iran non cambi la legge in materia. Ad affollare le carceri iraniane ci sono dissidenti, attivisti politici, difensori dei diritti umani, giornalisti, studenti, artisti, sindacalisti, membri di minoranze etniche, politiche e religiose.

Ad oggi sono circa 40 i giornalisti e blogger dietro le sbarre. Solo pochi giorni fa è stato richiamato in carcere il noto blogger e attivista per i diritti umani, Hossein Ronaghi Maleki, giovane esperto di software che nel 2009 aveva protestato contro la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad, era stato condannato a 15 anni di carcere per atti contro la sicurezza nazionale, per aver insultato Ahmadinejad e la Guida Suprema e per aver fatto parte di un gruppo noto come il “Comitato contro la censura”. Rilasciato su cauzione nel giugno 2015 a causa delle sue precarie condizioni di salute, il 20 gennaio è dovuto rientrare all’interno del penitenziario di Evin, a Teheran.

Negli ultimi mesi la libertà di stampa e di espressione è costantemente sotto attacco, e i gruppi conservatori cercano di utilizzare la censura e il carcere per mettere a tacere il dissenso in vista delle prossime elezioni parlamentari.

Nella morsa della repressione continuano a finire anche poeti, artisti e registi. Iran Human Rights segue da vicino il caso del giovane filmmaker curdo iraniano Keywan Karimi, condannato a sei anni di detenzione e a 223 frustrate. Nonostante la mobilitazione internazionale, e dopo l’udienza di appello dello scorso 23 dicembre, al regista ancora non è stata notificata la sentenza emessa dal giudice e non sa se la condanna di primo grado sia stata confermata o ridotta. Al momento Karimi non può lasciare il paese e deve rinunciare a partecipare ai diversi festival internazionali in cui è stato invitato.

Ad oggi l’Iran vieta alle organizzazioni per i diritti umani indipendenti e ad Ahmed Shaheed, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Iran, di entrare nel Paese e di collaborare con le autorità locali per la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. L’Italia, però, può svolgere un ruolo cruciale: coltivare i rapporti economici con l’Iran senza trascurare le libertà e i diritti di milioni di iraniani.

*Presidente Iran Human Rights Italia


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