Carissime amiche e amici, carissimi compagni di strada.
2006-2016: dieci anni della nostra vita e dieci anni e più di impegno per la Costituzione. Per attuarla e aggiornarla. Per non perderla.
Per questo vi chiedo di perdonare questa mia lettera a tutti voi, con i quali siamo cresciuti e invecchiati, con i quali abbiamo imparato ad ascoltare, capire e apprezzare le parole di maestri a cui va la nostra gratitudine.
Perdonate se sento la necessità e il desiderio di rivolgermi ancora a voi, perché mentre riconosciamo tra noi una storia che abbiamo scritto insieme io voglio trasmettervi preoccupazioni e speranze che mi inducono oggi, certo non più giovane di allora e forse nemmeno più saggia o meno irruente e impulsiva, a riprendere il cammino. La strada non è la stessa dell’altra volta, ma il punto di arrivo sì che assomiglia a quello del 2006. Ancora una volta dobbiamo cercare di fermare con il nostro NO un referendum, una legge del governo molto pericolosa per gli equilibri istituzionali, una legge che cancella e riscrive 41 articoli sui 139 della Costituzione entrata in vigore il 1°gennaio del 1948. Quasi un terzo.
Ho trovato, tra le carte che mi ostino a non gettare, un foglietto, una lettera datata 8 novembre 2004 e firmata da Oscar Luigi Scalfaro. Era rivolta al responsabile dei Comitati Dossetti e ai presidenti della associazione Astrid e di Libertà e Giustizia. Pochi giorni prima avevo chiesto dal palco di un teatro milanese al presidente Scalfaro se avrebbe accettato di fare da presidente del coordinamento di associazioni, cittadini e partiti che con noi si fossero battuti per cancellare la riforma del governo Berlusconi.
Improvvisavo, anche allora. Ma conoscevo bene il presidente emerito dai giorni in cui era un importante esponente della Democrazia cristiana e io facevo la cronista. Su quel palco ci chiese solo di poterci pensare e intanto ringraziò. E poi scrisse: “Grazie, cari amici, per l’onore grande che mi fate offrendomi la presidenza del coordinamento di tutte le forze politiche, sociali, di tutti i movimenti, di tutti i cittadini che si ribellano all’attuale capovolgimento della nostra Carta Costituzionale… Accolgo volentieri il vostro unanime invito, ben conoscendo le difficoltà che abbiamo dinnanzi, ma la fede nella libertà e l’entusiasmo per difenderla nei valori fondamentali della nostra Costituzione non viene meno.” Terminava secondo il suo stile: “Con l’aiuto di Dio, metterò ogni impegno per continuare con voi questa pacifica ma intransigente battaglia per la nostra Italia, per il nostro popolo. Eccomi dunque al vostro fianco con tanto amore. Oscar Luigi Scalfaro”.
Leopoldo Elia ci fu accanto, insieme a molti altri costituzionalisti. Elia insisteva soprattutto sui guasti che avrebbe prodotto un premierato fondato sulla “insostituibilità” del primo ministro durante tutta la legislatura e sui suoi enormi poteri che colpivano le garanzie dell’opposizione.
Si distinsero tra i costituzionalisti i due padri dell’attuale riforma: Augusto Barbera e Stefano Ceccanti ai quali si rivolse polemico Giovanni Sartori accusandoli di “dividere il fronte del No… quando invece ci sono duecento costituzionalisti, non nani e ballerine, che fanno presente come il premierato della Casa della Libertà sia assoluto”.
Barbera e Ceccanti: il primo adesso è alla Corte Costituzionale, il secondo è il suggeritore zelante del governo.
Voi tutti sapete che grande lezione di democrazia e libertà fu per tutti noi quella campagna referendaria, quanta gente incontrammo, quanti ragazzi, quanti vecchi, quanto imparammo. Quanti cittadini ci ringraziavano per le informazioni che davamo ma eravamo noi a dover dire quel “grazie”.
Abbiamo conosciuto una bella Italia e abbiamo vinto strepitosamente il referendum.
A chi ora ci deride (vedi Battista sul “Corriere della Sera”) affermando che siamo gli avanzi della sinistra che perde sempre possiamo, denunciando la pochezza e la viltà di quelle affermazioni, replicare: no, noi siamo quelli e quelle del 2006. Siamo quelle e quelli che portarono a votare il 53,7 per cento degli aventi diritto e il 61,3 per cento dei votanti bocciò la riforma di Berlusconi e Calderoli.
Noi siamo quelli. Abbiamo vinto una volta.
E domani, cosa accadrà?
Il nostro è un tempo diverso, un tempo “esecutivo” come dice Zagrebelsky, un tempo in cui c’è uno solo al comando e uno solo che fa, un tempo in cui il potere di pochissimi sta espandendosi nel silenzio di molti e nel timore rinunciatario e interessato di moltissimi. E’ un tempo in cui essere intransigenti, come indicava Gobetti, è ritenuto da stolti o da gufi, comunque da rottamare.
Non c’è più Berlusconi da combattere (i guasti che doveva fare li ha già fatti all’inizio di tutto, col patto del Nazareno), c’è però il Partito Democratico renziano. Renzi ha ingaggiato un guru americano per centomila euro. Non c’è Calderoli, c’è la Boschi. La Rai è del governo, più di prima e i grandi giornali stravolgono la realtà.
Abbiamo però un Comitato per il No con grandi studiosi e giuristi che hanno già preparato le basi costituzionali e scientifiche per il nostro NO. Abbiamo due giornali (Il Fatto Quotiano e il Manifesto) che ci aiuteranno a non scomparire del tutto. E abbiamo ancora tantissimi comitati locali e tanti compagni di strada che ci sollecitano ad agire. Speriamo che i grandi sindacati non si tirino indietro, rendendosi conto che la posta in gioco sono i diritti e soprattutto quelli dei lavoratori. E speriamo che tutte le associazioni partigiane scelgano presto di schierarsi.
C’è anche una opposizione politica al governo Renzi che ruota attorno alla destra, a Forza Italia e alla Lega e dice di essere per il NO. Vedremo. La Costituzione è di tutti. Ma comunque non cerchi con noi intese politiche che non ci saranno mai.
E ora care amiche, cari amici e compagni di strada rendiamoci conto che tocca a noi, oggi più di allora.
Dobbiamo insieme tirare fuori le nostre bandiere sulle quali sta scritto soltanto “W la Costituzione”. E i tavoli per raccogliere firme, e qualche sedia per i più anziani.
Dobbiamo insieme ancora una volta, quando ci guardiamo negli occhi, sapere che quel lascito miracoloso che abbiamo ricevuto dai nostri padri e nonni, la democrazia, il regime parlamentare, la libertà, noi lo difenderemo perché siamo donne e uomini “pacifici e intransigenti”.
Tocca a noi, alla fatica di ognuno di noi. Un’altra volta. E speriamo, per sempre.