Olimpiadi a Roma? Meglio di no.
Dopo i flop delle passate edizioni, molti – anche tra i non addetti ai lavori – iniziano ad aprire gli occhi sulla “truffa dei giochi”, che il Comitato Internazionale Olimpico (CIO) impone agli stati organizzatori. Infatti, non solo le nazioni ospitanti sono tenute a sobbarcarsi enormi costi di logistica (e sempre più di sicurezza), ma poi si vedono anche sottrarre il 70% degli introiti pubblicitari, che valgono molto di più dei biglietti staccati per assistere alle gare.
In Italia, poi, questa vessazione avrebbe anche un effetto collaterale particolarmente negativo, cioè cavalcare l’evento per forzare i limiti urbanistici. Ecco allora che Roma 2024 già si presta a creare una bella “emergenza” in deroga tutti i piani urbanistici per un’abbuffata di speculazione edilizia. Non è un mistero – per esempio – che la candidatura di Roma sia abbinata all’edificazione intensiva di Tor Vergata (villaggio degli atleti) o alla “forzatura” dell’associazione di imprese che sta bloccando la metro C, che con i gioco olimpici avrebbe una formidabile arma di pressione per alzare ancora il prezzo di nuovi tratti di collegamento.
Allora le Olimpiadi sono diventate “cattive”?
Sì, se permane l’approccio mega-speculativo del CIO; no, se vengono ripensate per adattarsi alle città, senza stravolgerle, impegnando risorse essenziali, per adeguamenti essenziali. Purtroppo, invece, i vari Malagò e i Montezemolo preferiscono evocare sogni, invece di produrre previsioni credibili di spesa, anche se si è visto che ogni budget poi si sfora di parecchie volte, sotto l’euforia olimpica che impone di non badare a spese per non sfigurare davanti al mondo.
No, tutti questi soldi non possono essere sprecati per opere che poi è difficile o impossibile riconvertire ad un uso post-olimpico.
Molto meglio per Roma impegnare meno fondi, ma con lungimiranza e partendo dai bisogni primari di mobilità sostenibile, case accessibili e una manutenzione efficiente della città e del suo patrimonio culturale. Il narcisismo olimpico spinto dalla lobby del cemento va decisamente contrastato.
Anche con un referendum.
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