Rapporto di Msf. Nel 2015 almeno 3.771 persone hanno perso la vita in mare: la fotografia dell’accoglienza di Grecia e Italia e le testimonianze dei migranti. “L’Ue e i governi hanno spinto oltre un milione di persone nelle mani di trafficanti e su barconi sovraffollati”
ROMA – Il 2015 è stato l’anno con la più alta mortalità nel Mediterraneo: almeno 3.771 persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa e “non mostrando alcuna volontà politica di offrire alternative legali e sicure alla drammatica traversata del mare, l’Ue e i governi europei hanno di fatto spinto oltre un milione di persone nelle mani di trafficanti e su barconi sovraffollati diretti in Europa”. E’ la dura denuncia del rapporto “Corsa a ostacoli verso l’Europa” di Medici senza frontiere, che fotografa l’impatto medico-umanitario delle politiche europee su migliaia di persone in fuga, attraverso le testimonianze dirette di operatori e pazienti e i dati medici raccolti in decine di progetti dell’organizzazione.
A maggio, dopo la chiusura dell’operazione Mare Nostrum, Msf ha preso la decisione “senza precedenti” di avviare attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e da giugno ha messo in mare tre navi. In otto mesi La Bourbon Argos, La Dignity I e la MY Phoenix (in collaborazione con MOAS) hanno soccorso 20.129 persone nel Mediterraneo e assistitio altre migliaia di persone trasferite da altre navi. A fine novembre Msf ha anche avviato operazioni di salvataggio nell’Egeo in collaborazione con Greenpeace, soccorrendo oltre 6.000 persone solo nel primo mese.
Le equipe dell’organizzazione hanno raccolto le testimonianze di “deliberati atti di violenza perpetrati nel mar Egeo particolarmente inquietanti”. A Lesbo e Kos hanno raccolto molte storie che vedevano gruppi dal volto coperto rapinare i migranti o gettare in mare i loro oggetti personali. “Qualcuno ha raccontato di grosse barche che avvicinavano i gommoni tentando di forarli e affondarli con lunghi bastoni, altri hanno parlato di barche, apparentemente della Guardia Costiera greca, che navigavano nei pressi senza soccorrerli. – sottolinea il rapporto – La guardia costiera greca ha respinto queste accuse, ma a oggi non ci sono state investigazioni accurate”.
L’accoglienza in Grecia. In Grecia, accusa Msf, “non solo le autorità non hanno organizzato un sistema di accoglienza adeguato e umano, ma hanno anche impedito attivamente alle organizzazioni umanitarie di intervenire per coprire le lacune”. Negli ultimi mesi, spiegano gli operatori, le equipe di Msf a Kos, Lesbo e Leros hanno lottato senza tregua per ottenere l’autorizzazione a fornire assistenza umanitaria ai nuovi arrivati. “A Kos – sottolineano – a ottobre arrivavano 200-500 persone ogni giorno, ma non esiste ancora un servizio di accoglienza e le autorità continuano a opporsi alla creazione di una qualunque struttura di ricezione o transito. Le autorità greche hanno fallito anche nel fornire accesso tempestivo alle procedure di registrazione e alle informazioni sulle procedure di asilo e i servizi di base”.
“Abbiamo visto donne incinte e bambini in fila per giorni nel fango, bagnati fradici sotto la pioggia battente, senza alcuna protezione, alcuni con indosso soltanto una t-shirt. Le persone non possono più stare in piedi perché i loro piedi sono gonfi. La polizia non permette loro di lasciare la fila per avere accesso alle cure mediche. È assolutamente disumano”, racconta un coordinatore Msf a Lesbo.
Tra giugno e novembre 2015, due terzi dei pazienti di Msf in Grecia soffrivano di infezioni alle vie respiratorie, malattie della pelle e traumi, tutti legati alle condizioni di pericolo e scarsa igiene in cui stavano vivendo. La situazione – già preoccupante in estate – è peggiorata con il freddo e la pioggia dell’inverno. Tra luglio e ottobre le infezioni respiratorie sono aumentate del 160%.
L’accoglienza in Italia. L’Italia, una delle principali vie di accesso per richiedenti asilo e migranti negli ultimi anni, secondo l’analisi dell’organizzazione “ha un sistema di accoglienza funzionante ma largamente insufficiente, che non riesce a provvedere in modo adeguato ai nuovi arrivi. All’arrivo le persone sono generalmente stipate in centri sovraffollati con scarso accesso a servizi essenziali come assistenza medica, assistenza psicologica, supporto legale e amministrativo”. L’organizzazione denuncia la mancanza mediatori culturali qualificati e interpreti che potrebbero aiutare i nuovi arrivati a dare un senso a ciò che stanno vivendo e adattarsi alla vita in Europa.
Alla fine del 2015, Msf ha lasciato il Centro di primo soccorso e accoglienza di Pozzallo, designato come hotspot dall’Ue, “perché le condizioni poco dignitose e inumane nel centro hanno reso insostenibile la collaborazione con le autorità locali. A Pozzallo, la priorità delle autorità è identificare i nuovi arrivati – critica Msf – più che rispondere ai loro bisogni medici e umanitari, e questo ha reso difficile per medici, infermieri e psicologi fare il proprio lavoro”.
Per Msf “la maggior parte delle patologie riconstrate potevano essere facilmente prevenute se gli stati europei avessero garantito un passaggio sicuro e un sistema di accoglienza adeguato”.