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Iran, giornalista in carcere riprende sciopero della fame

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Il 7 gennaio Isa Saharkhiz (nella foto), giornalista riformista iraniano arrestato lo scorso 2 novembre, ha ricominciato lo sciopero della fame. Durerà, ha fatto sapere, fino a quando non verrà rilasciato su cauzione o portato di fronte a un giudice. Date le sue precarie condizioni di salute (ha problemi ai reni e al cuore), la sua decisione rischia di avere conseguenze fatali. Saharkhiz aveva già intrapreso lo sciopero della fame dal giorno del suo arresto fino al 19 dicembre, quando l’appello di un gruppo di attivisti per le riforme lo aveva convinto, al 48esimo giorno, a sospendere la protesta.

Secondo il mandato d’arresto, Saharkhiz è sotto inchiesta per “offesa alla Guida suprema” e “propaganda contro il regime”, due tra le imputazioni usate in Iran con maggiore frequenza per sopprimere il dissenso. Nonostante le accuse, né lui né altri tre colleghi arrestati lo stesso 2 novembre (Ehsan Mazandarani, Afarin Chitsaz e Saman Safarzaei) – descritti dai media di regime come membri di “una rete di infiltrati collusi con governi nemici occidentali” – sono stati formalmente incriminati. A Saharkhiz è stata anche negata la prassi del rilascio su cauzione dopo 60 giorni dall’arresto.

Saharkhiz era già finito nel mirino delle autorità nel 2009, dopo la contestata rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. Aveva trascorso in carcere quattro anni, di cui nove mesi in completo isolamento. Perseguitati sotto Ahmadinejad, perseguitati sotto Rouhani. Da un presidente all’altro è mutata la considerazione che l’Occidente ha nei confronti dell’Iran. Non è mutata la repressione nei confronti dei giornalisti indipendenti.


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