Tra i libri che lessi negli anni Settanta e che non pensavo fossero indispensabili a prima vista per i miei corsi universitari (insegnavo allora Storia Contemporanea nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino dopo tre anni trascorsi alla Fondazione Einaudi, dove avevo avuto la fortuna di incontrare Norberto Bobbio e Alessandro Galante Garrone) quello che mi piacque di più era uscito nel 1974 dagli editori Laterza e si intitolava semplicemente Saggio sulle classi sociali. Lo aveva scritto un economista pugliese di Bitonto in provincia di Bari che aveva studiato a Harvard, a Cambridge e poi in Italia nelle università di Sassari, Catania e Bologna prima di arrivare alla Sapienza di Roma dove dal 1962 insegnava Economia Politica.
Proprio quell’anno, il giovane studioso (si era laureato durante la seconda guerra mondiale, nel 1942) che era stato molto influenzato da uno storico come Gaetano Salvemini (che è stato anche per me un maestro di studi) e molto presto divenne membro del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno. Proprio quell’anno Sylos Labini si dimise dal comitato tecnico-scientifico del Ministero del Bilancio quando il ministro in carica Giulio Andreotti nominò come sottosegretario il deputato siciliano Salvo Lima (ucciso da Cosa Nostra nel marzo 1992 quando Riina e i suoi luogotenenti si resero conto che i referenti dell’associazione non erano riusciti a fermare l’attività dei magistrati di Palermo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino). Prima delle dimissioni l’economista sollevò il problema di Lima con l’allora presidente del Consiglio Aldo Moro il quale rispose che non poteva far nulla perché ” Lima è troppo forte e pericoloso”.
Allora Sylos Labini si rivolse direttamente ad Andreotti affermando: “O lei revoca la nomina di Lima che scredita l’immagine del ministero o mi dimetto.” Andreotti non lo lasciò neppure finire e lo liquidò rinviando il discorso a data non precisata. Nel 2008 firmò con Norberto Bobbio e Massimo L. Salvadori un manifesto contro la nuova ascesa al potere di Silvio Berlusconi e della sua “Casa delle Libertà” e fino alla conclusione della sua esistenza si oppose con i suoi scritti e la sua azione contro tutti i nemici (ancora oggi molto attivi) contro i principi e lo spirito della carta costituzionale del 1948. Ed è perciò che, a dieci anni dalla sua scomparsa, vale la pena ricordare ancora una volta i suoi scritti di economia e la sua opera politica in questa Italia del ventunesimo secolo così incerta e smarrita come appare a tanti di noi nati nel ventesimo.