Ilaria Cucchi, la sorella del giovane di 31 anni arrestato nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 per droga e morto una settimana dopo all’ospedale Pertini di Roma, interviene di nuovo su Facebook e pubblica la fotografia, tra gli scogli e in costume da bagno di uno dei cinque carabinieri della stazione Appia nella capitale indicati nell’inchiesta bis avviata dalla procura romana sulle lesioni subite dal ragazzo che avrebbero provocato la sua morte. “Ora questa foto è stata tolta dalla pagina. Si vergogna? Fa bene” aggiunge Ilaria nel breve intervento. Un’ora e mezzo dopo, in seguito alle reazioni, anche violente di alcuni utenti scatenate dal suo commento, la Cucchi decide di pubblicare un secondo post:” Non tollero la violenza, sotto qualunque forma-precisa-Ho pubblicato questa foto solo per far capire la fisicità e la mentalità di chi gli ha fatto male ,ma se volete bene a Stefano vi prego di non usare gli stessi toni che sono stati usati per lui. Noi crediamo nella giustizia e non rispondiamo alla violenza con la violenza.”
Ora il carabiniere, attraverso il suo legale, annuncia che querelerà Ilaria Cucchi per le minacce e le ingiurie che sono state rivolte a lui e ai suoi familiari a causa di quel che ha detto la signora Cucchi. Quelle parole hanno condotto alcuni a criticare la scelta di rivelare l’identità del carabiniere e chi le manifesta totale sostegno anche in questa ultima scelta. E lei decide di parlare ancora: “Sto ricevendo-scrive-molte telefonate anche dai giornali. La prima domanda dai giornali è che se fosse stato un comune mortale, cioè una persona non in divisa, non ci sarebbe posti nessun problema. Ho pubblicato questa foto perché la ritengo e la vedo perfettamente coerente con il contenuto con il contenuto dei dialoghi intercettati e con gli atteggiamenti tenuti fino ad oggi dai protagonisti.
Il maresciallo Mandolini incurante di quanto riferito sotto giuramento ai giudici sei anni fa e non curandosi di non rispondere ai magistrati, ha avviato un nuovo processo a Stefano e a noi, che abilmente sarà di una violenza direttamente proporzionale alla quantità di prove direttamente proporzionale alla quantità di prove raccolte contro di loro dai magistrati. Piuttosto, “di fronte al possibile imbarazzo che qualcuno possa provare pensando che persone come queste pensando che queste persone possano ancora indossare la prestigiosa divisa dell’arma dei carabinieri io rispondo che sono assolutamente d’accordo e che condivido assolutamente questo imbarazzo” ha scritto ancora la Cucchi. Il 29 gennaio ci sarà la prima udienza del processo con una nuova perizia sulle lesioni subite dal giovane Cucchi ma la sua famiglia ha deciso di non essere in aula perché uno dei periti è troppo vicino all’ex ministro Larussa che ha sempre difeso i carabinieri. Intanto il primo filone dell’inchiesta è arrivato al terzo grado di giudizio e il 15 dicembre scorso la Cassazione ha annullato l’assoluzione dei medici disponendo un appello bis per omicidio colposo dei sanitari.