Se qualcuno avesse ancora avuto dubbi sulle caratteristiche del successore di Napolitano al Quirinale, il siciliano Sergio Mattarella, eletto con un colpo di mano dal presidente-segretario del PD Matteo Renzi prima che l’uomo di Arcore quasi se ne accorgesse e poi subito eletto dalle due Camere concordi, il discorso di ieri ha fugato i dubbi residui.
Mattarella è l’opposto del leader della destra comunista, Napolitano che è stato più di tutti gli altri al Quirinale, la bellezza di nove anni. Il nuovo presidente aveva detto all’indomani dell’elezione, il 3 febbraio scorso davanti alle Camere riunite, che sarebbe stato il garante della Costituzione, un arbitro imparziale e fa di tutto per mantenere la promessa. Napolitano è stato un presidente interventista che anche di recente, finito il suo incarico, è intervenuto a difendere la discutibile legge elettorale che si chiama Italicum e che piace tanto al capo dell’attuale governo. Mattarella evita di proposito interventi del genere e si dedica piuttosto ad ammonire gli italiani su antichi e recenti problemi della penisola: dal tracollo, frutto di errori dei dirigenti e dei loro controllori, di alcune banche del Paese all’alta evasione fiscale che supera il 7 per cento e si traduce in un “furto di democrazia” nei confronti dei risparmiatori e dei cittadini onesti, all’estesa corruzione che continua ad essere presente nelle istituzioni importanti della penisola alle speranze lasciate ancora senza speranza delle nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro e delle professioni, al funzionamento della giustizia che continua ad essere troppo lento e inadeguato ai bisogni della società italiana ed europea del ventunesimo secolo, all’imperversare non soltanto in Sicilia e nelle più estese regioni del Mezzogiorno come la Calabria, la Campania e la Puglia ma anche nel Nord più avanzato e industria lizzato delle quattro associazioni mafiose che devastano il tessuto civile della nostra penisola, infine alla lotta indispensabile al terrorismo internazionale (a cominciare da quello islamista) che rischia di costituire il germe-come già aveva detto Papa Francesco-di una terza guerra mondiale.
Insomma, un inventario limpido dei problemi che sono sul tappeto, un invito pressante alle istituzioni della re pubblica ad intervenire con le proprie competenze per mettere ordine nei problemi più urgenti e fare del nostro Paese sempre meglio e di più una repubblica moderna in grado di risolvere finalmente i problemi aperti e di maggiore gravità che non sono stati risolti fino a questo momento. Ma una grande attenzione a non uscire dalla propria funzione arbitrale ed esterna agli altri poteri secondo quel che dicono con grande chiarezza gli articoli dall’83 al 91 che riguardano il Capo dello Stato.