Scoperto da Pasolini per “Accattone” fu anche un laborioso interprete teatrale
Proletario idealizzato e senza redenzione, secondo la profezia pasoliniana di “Accattone”, diseredato e ‘scarto’ d’una società a senso e pensiero unico, già ‘marchiata’ dalla indotta corsa verso l’omologazione (dei consumi, non della conoscenza), Sergio Citti, nato a Roma nel 1938 e morto ieri pomeriggio (nella città a lui consustanziale), è stato- diamo glene merito- l’unico attore di Pier Paolo che, insieme a Ninetto Davoli, è sopravvissuto alla scomparsa di un certo cinema finto-naif, in una complicanza d’intrecci produttivi (dominati dal duopolio televisivo) che astutamente mistificava tra i concetti di ‘evoluzione’ e ‘progresso’, di ‘benessere’ e ‘grande-bouffe’. In più, alla morte di Pasolini, Citti fu l’unico attore del suo entourage capace di misurarsi, anzi riciclarsi, ri-valorizzari (confortato e consigliato dal già scomparso fratello Sergio) con l’arte del teatro, meritoriamente accolto da Mario Martone come voce recitante ed insostituibile (con le cadenze di ‘borgata’ che mai abbandonò) dellì”Oedipus Rex” da Stravinskij (1988).
E, immediatamente dopo, scritturato in compagnia da Carlo Quartucci da Messina, dimenticato (ingiustamente) artefice del teatro di ricerca del dopoguerra, a bordo del suo variopinto Camion (in giro per tutto il meridione d’Italia a portar teatro, con l’indispensabile apporto di Carla Tatò), con cui lavorò in una edizione poeticamente stralunata e ‘stracciona’ de “I giganti della montagna” (1989) nel successivo “Tamerlano” di Marlowe. Poi, con Mario Missiroli (“La locandiera” del 1991) e con Giorgio Barberio Corsetti, al Teatro Greco di Taormina, in una memorabile “Nascita della tragedia” trasfigurato genialmente dall’opera Nietzche. Un solo ruolo di rilievo in televisione, se non vado errato, nei “Promessi sposi” – versione Salvatore Nocita (1990)
Nel frattempo, nel 1998, sempre rinfrancato dall’ ‘amato’ fratello Sergio (tale perché i loro litigi…li vidi a una Mostra di Venezia sovreccitati, in osteria, …restano da antologia freudiana) ebbe anche modo di esordire nella sua unica e sola regia cinematografica, un singolare e misconosciuto “Cartoni animati”, logicamente ambientato in una desolata periferia di baraccati dell’agro pontino, intersecata da un variopinto campionario, tragicomico, di diseredata umanità.
Quanto alla sua, più emblematica carriera cinematografica, la biografia di Franco Citti è meno tortuosa di quanto si possa immaginare: scoperto da Pier Paolo Pasolini per il quale è – come tutti sanno– protagonista ‘istintivo’ e riottoso di “Accattone” nel 1961, sottoposti (tutti, dal regista alle comparse) alle montagne russe d’una travagliata realizzazione . L’anno successivo interpreta l’indolente, manesco ruolo di Tommaso in “Una vita violenta” di Paolo Heusch e Brunello Rondi. Nel 1967 incarna Edipo nella in parte irrisolta edizione filmica di Pasolini, e l’anno dopo un trafficante d’armi in Somalia nell’’ultimo, ‘evangelico’ titolo del grande (ed anch’egli ormai ignorato) Valerio Zurlini “ Seduto alla sua destra” , incentrato sul tema dello schiavismo e dei prodromi che poi condurranno alle tragedie odierne di emigrazione, scafisti, Isis.
Citti tornerà a essere diretto da Pasolini, nel ruolo di un cannibale’ sui.generis’ in “Porcile” (1969), essendo poi Ser Ciappelletto nel “Decamerone” (1971), Satana in “I racconti di Canterbury” (1973) e un demone malandrino in “Il fiore delle Mille e una notte” (1974). Nel 1970 era stato il protagonista ‘naturaliter’ del film “Ostia”, esordio alla regia di Sergio. Per il quale interpreterà altre opere di rilievo, scritti in collaborazione con il mentore e sodale Vincenzo Cerami: quindi “Storie scellerate” (1973), “Casotto” (1977) e “Il minestrone” (1981), ”I magi randagi” (1996, su soggetto immaginato da Pasolini per Eduardo De Filippo). Nel 1972 e nel 1990, voluto caparbiamente da Ford Coppola interpreta, da non siciliano, il ruolo di Calò in “Il padrino” e “Il padrino – Parte II”, dove è ‘maschera di cattiverie apatiche e malvolentieri espletate
In altri momenti della sua esistenza laboriosa di sembianza ‘menefreghista’ Franco Citti era stato genius loci’ ruspa spante ma sapiente del documentario di Ivo Barnabò Micheli “A futura memoria” (1985) e di un altro ideato e diretto dall’ ‘erede morale’ Laura Betti, “Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno”(2001). Sarebbe il caso che Rai Cultura li riproponesse, in prima serata. O chiediamo troppo?