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Chiudere le frontiere significa chiudere la circolazione della fiducia

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Se si chiudono le frontiere anche per un giorno, si scioglie di fatto l’Unione Europea.
Senza neanche avere la certezza della reversibilità di questa scelta. Che anzi da temporanea potrebbe diventare cronica, se la cessazione di questa misura d’emergenza venisse  in malafede condizionata  ad una impossibile riduzione spontanea dei flussi.
Tutti sappiamo che calerà il numero di migranti sole se si interverrà sulle cause che li spingono a lasciare le loro terre. Pacificare le aree di guerra e attivare processi di sviluppo nelle zone depresse sono le due azioni connesse di un progetto immenso, che necessita di strategie diplomatiche convinte e di un Piano Marshall costoso e sostenuto politicamente da tutti i membri della UE.
Solo nella condivisione di questa analisi, si può iniziare a parlare di soluzione strutturale del problema, sapendo che ci aspetta comunque un impegno di lungo periodo, non minore di 10 anni. Purtroppo, invece, i presupposti con cui si è organizzato l’incontro di Amsterdam sono lontani da questa consapevolezza. Ci soni ancora troppi stati che puntano sulle scorciatoie dei nazionalismi del filo spinato o gli opportunismi del muro di Dublino, che scaricano sugli altri il peso che non si vuole condividere.
Chiudere le frontiere significa chiudere la circolazione della fiducia.
L’inizio della fine del sogno europeo, inghiottito da quel nazionalismo tragico, che insieme si voleva debellare.

 


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