Per la generazione nativa digitale non c’è niente di più coinvolgente della voce e del racconto dei testimoni. Sorprende scoprire che, anche per i ragazzi abituati a frequentarsi più sui social che nelle piazze, la storia dei sopravvissuti alla Shoah cambia il loro modo di essere, di camminare, di guardare e dunque riflettere sulla realtà dei campi di concentramento e sterminio.
Le immagini di Auschwitz e Birkenau, sfogliate sul web mille volte, non sono nulla rispetto al procedere sulla neve, sentire il freddo, entrare nelle baracche dove corpi scheletrici cercavano di trovare riposo su stretti giacigli. Niente è come far correre lo sguardo incredulo sulle migliaia di scarpe, indumenti e oggetti che restano degli esseri umani di cui Hans Franz, allora governatore generale della Polonia occupata, disse: “Gli ebrei sono una razza che deve essere sottoposta alla completa distruzione”.
Oltre cento studenti delle scuole italiane hanno partecipato all’annuale viaggio-studio della memoria promosso dal Miur e organizzato della Direzione generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione. Un impegno ormai decennale ma che in questa edizione è stato anche l’occasione per rinnovare il Protocollo tra Miur e Unione comunità ebraiche italiane (Ucei) a conferma del reciproco impegno a proseguire, nelle scuole italiane, nella diffusione della conoscenza dei fatti storici, affinché non venga persa la memoria di quanto accaduto nei campi di concentramento nazisti. Luoghi dove milioni di uomini, donne e bambini, vennero sterminati in quanto considerati “non assimilabili” nel processo folle di autoaffermazione della superiorità della nazione tedesca sulle altre, finalizzata alla volontà di formare una società “razzialmente pura”.
La città polacca di Oświęcim, annessa al Terzo Reich, fu il centro dell’industria della morte. La strada che conduce a Oświęcim oggi è come tante altre, scorre fra centri commerciali e costruzioni varie.
Sul lato destro la stazione ferroviaria, con la sua fitta rete di binari disegnati sull’apparente sterminata campagna. I 4 bus proseguono come in un qualsiasi viaggio, i ragazzi parlano, scherzano e ascoltano musica. Poi però il paesaggio comincia a cambiare, diventa spettrale e i ragazzi si fanno silenziosi. Tutto cambia, a cominciare dal nome della cittadina che in polacco è Oświęcim, ma allora era Auschwitz.
Insieme agli studenti viaggiano alcuni dei pochi sopravvissuti all’Olocausto, come Samuel Modiano e Andra e Tatiana Bucci. Modiano, fu deportato perché ebreo dall’isola delle rose – Rodi. Costretto a viaggiare in un afoso luglio, dentro una carretta del mare, tra gli escrementi delle bestie trasportate nei viaggi precedenti. Racconta quella settimana di navigazione, pigiati come sardine, al buio, arsi dalla sete: uomini, donne, anziani, bambini e cadaveri di quanti non erano riusciti a sopportare quell’anticamera d’inferno in terra, al quale sarebbero stati sottoposti una volta giunti a destinazione nel campo creato dai tedeschi alla metà del 1940, destinato a divenire il principale centro di sterminio di massa degli ebrei.
Sami Modiano aveva 13 anni, fu assegnato ai lavori forzati, ripagato ogni giorno con pochi grammi di pane e gocce d’ acqua. Stenti fisici ai quali non furono – in parte – sottoposte le sorelle Bucci, allora bimbe di 3 e 4 anni che, con la loro mamma, vennero rinchiuse nel principale Arbeitslager, isolate dal mondo esterno da filo spinato con alta tensione. Finirono nel Kinderblock salvate solo perché confuse per sorelle gemelle e dunque potenziali cavie per la sperimentazione.
Per i ragazzi di oggi queste persone sono la Storia. “Essere in questo luogo oggi è come un salto nel passato a quel periodo”, commenta visibilmente emozionato Sebastiano Goggia, 19 anni dell’Itis “Pietro Paleocapa” di Bergamo, camminando in mezzo alla neve che copre i resti degli spogliatoi interrati delle docce della morte, dove furono ammazzate più di 1 milione e 100mila persone, degli oltre 1milione e 300mila deportati.
“Mi ha molto colpito la testimonianza delle sorelle Bucci”, racconta Garcio Alves Gomez che, insieme a Lorenzo Polidori, arriva da Sant’Anna in Stazzema. Per loro è immediato costruire un ponte tra quanto stanno vivendo e l’eccidio perpetrato nella loro città. Giulia Pantaleo invece non riesce a nascondere la commozione. “Quello che sto ascoltando dalle nostre guide mi riporta ai ricordi di mio nonno, partigiano in Veneto”, spiega la studentessa dell’Ips “Giuseppe Ravizza” di Novara. Gli adolescenti non usano filtri per esprime quanto stanno pensando e vivendo così Michela ammette di provare rabbia e angoscia.
“Le emozioni passano ma dovete rimanere vigili sulla memoria” ha invitato i ragazzi Marcello Pezzetti storico esperto della Shoah. Una frase ripetuta nel viaggio di cui si possono riguardare le immagini e i video, oppure leggere i commenti dei ragazzi dalle pagine social all’indirizzo Facebook . Twitter: @MiurSocial
I giovani riconoscono l’autenticità delle persone e dei messaggi ma, immersi nel loro oceano di messaggi e stimoli, hanno forse bisogno di metafore forti. Una fra le più efficaci e belle è certamente quella che risuona nella sinagoga Tempel a Cracovia nel quartiere Kazimierz: “Il futuro è come una freccia che viene scoccata. Sarà lanciata lontano solamente se l’arco viene contratto più all’indietro possibile. Per costruire il futuro dobbiamo conoscere e soprattutto ricordare il nostro passato”.
Auschwitz è un dolore infinito per la coscienza del mondo. Quanto rimane del campo di concentramento e sterminio nazista riporta ai momenti più oscuri della storia dell’umanità.
“Dobbiamo rimanere vigili e, soprattutto, combattere ogni forma di espressione di odio, usata anche nel linguaggio politico”, esorta la presidente della Camera Laura Boldrini che ha voluto essere presente all’edizione 2016 del viaggio della memoria donando ai ragazzi anche una pergamena con il testo della proposta di Legge d’iniziativa dei deputati Furio Colombo, Palmizio, Gnaga presentata il 20 gennaio 2000 con cui venne istituito il “Giorno della Memoria”.
La ministra Stefania Giannini, prima della sottoscrizione del rinnovato accordo con Renzo Grattegna, presidente dell’Unione comunità ebraiche italiane, ha affermato come “Il viaggio ad Auschwitz significhi fare scuola” . A quanti chiedano il senso della visita, risponde immediatamente Lorenzo Sebastiani da Sant’Anna in Stazzema: “Queste persone sono state ammazzate perché considerate inferiori, invece gli esseri umani sono tutti uguali”.