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Arabia Saudita e Iran non potevano non arrivare allo scontro

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Doveva accadere, resta solo questo da dire: doveva accadere. Arabia Saudita e Iran non potevano non arrivare allo scontro. Due potenze medie, con la medesima ambizione di dominio regionale, divise da interessi politici, economici e dall’ appartenenza religiosa, non potevano aver voglia di sbranarsi. Il paradosso della notizia del conflitto fra Iran e Arabia Saudita è proprio in questo: molti sapevano che ci si sarebbe arrivati. Ora la domanda è: sarà davvero guerra? Forse no. Forse non conviene davvero a nessuno prendere le armi, ma certamente lo scontro fra i due Paesi non si esaurirà in pochi mesi e con qualche simulata intesa diplomatica. Troppo gli interessi in ballo.

Cerchiamo di ricostruire  i fatti, al di là della cronaca stringente. Prendiamo cose accadute nel tempo, negli ultimi anni. Le cosiddette Primavere Arabe, ad esempio: dal 2011 hanno tentato di dare una scossa al mondo arabo islamico. C’è chi dice dietro vi siano stati, quasi a turno, Qatar, Arabia Saudita, lo stesso Iran, finanziando ora questo, ora quel gruppo. Obiettivo di ognuno era diventare la forza di riferimento di un futuro, nuovo, governo, si trattasse di Egitto o Tunisia o Libia.

La guerra in Siria, con l’Iran sciita alleato storico della famiglia Assad, è stato un altro fronte aperto. L’idea di una Siria sunnita – come l’Arabia Saudita – spaventava l’Iran governato dagli sciiti. Sciita, poi,  è Hezbollah, che combatte Israele e controlla parte del Libano. Insomma, un passaggio di mano a Damasco non sarebbe gradito all’Iran. Non a caso, quando all’orizzonte è apparso anche il fondamentalista sunnita Isis, il cosiddetto califfato,  l’Iran  ha iniziato a combattere. L’Isis, ricordiamolo, controlla territori a cavallo fra Siria e Iraq,  altro Paese a maggioranza sciita – soprattutto nella zona petrolifera di Bassora – ma governato con pungo di ferro dalle tribù sunnite di Tikrit.  Anche i conti da regolare qui hanno convinto Teheran a mandare  sul campo di battaglia uomini e mezzi.

Cosa questa gradita agli Stati Uniti, che vogliono creare una coalizione “larga” contro il cosiddetto califfato. L’Iran, poi, ha da poco firmato l’accordo sul nucleare e quindi Washington lo ha sdoganato sul piano internazionale, in pratica non è più fra i cattivi.

Una scelta piaciuta per nulla alla casa regnate saudita, che voleva l’Iran fuori dalla porta. Per ribadirlo, Riad un anno fa ha iniziato una guerra feroce – e silenziosissima sui nostri media – nello Yemen. Qui, i ribelli sciiti Houthi hanno preso il controllo della capitale, facendo fuggire il presidente sunnita Abd Rabbo Mansour.  L’idea di avere uno stato sciita, cioè filo iraniano,  in piena penisola araba ha agitato Riad, che ha reagito con i bombardamenti. Parte di quelle bombe – migliaia i morti ad oggi – sono per altro italianissime, vendute da Roma per la partecipazione alla coalizione anti Isis.
Avete capito qualcosa? In ogni caso, potete riassumere così: lo scontro millenario – tutto interno all’islam – fra sciiti e sunniti ha ripreso forza e vigore anche  grazie al ritrovato ruolo geopolitico dell’Iran sciita, ruolo che contrasta con la voglia della sunnita Arabia Saudita di essere padrona del Vicino Oriente.

Fate attenzione: detto questo, siamo appena ai titoli di testa. Nella vicenda, infatti, entrano anche Russia e Stati Uniti. La prima ha scelto da tempo – e con chiarezza – di stare con l’Iran. Gli ha fornito armi, aerei, ha ottenuto l’uso della base navale di Bandar Abbas. E’ poi intervenuta direttamente nella guerra all’Isis. Gli Stati Uniti sono al fianco dell’Arabia Saudita, ma l’azione di quest’ultima appare a molti osservatori – come dire – poco concreta. Proprio per il ruolo conquistato sullo scacchiere internazionale, c’è chi sospetta che gli interessi del cosiddetto califfato e quelli di Riad siano più coincidenti di quanto si immagini. Un mondo islamico sunnita e integralista, saldato in qualche modo dalla costa occidentale dell’Africa al Pakistan sarebbe perfetto per la monarchia saudita. Non dimentichiamo che il fondamentalismo wahabita che governa a Riad non è lontano – sul piano dell’interpretazione religiosa – né dai talebani, né dagli jiadhisti. Lì dentro, gli sciiti libanesi, siriani e iraniani non avrebbero posto e ruolo. Gli Stati Uniti appaiono deboli e confusi. Restano a fianco dell’Arabia Saudita, ma sembrano subire le decisioni di Riad, più che imporle.

Questo il quadro e non è un bel quadro. Stati Uniti e Europa sembrano non avere alcuno strumento per intervenire, mediare, fermare lo scontro. La Russia ha altri obiettivi. La Cina sta alla finestra e l’Onu è “non pervenuto”. La guerra verrà probabilmente evitata semplicemente perché Arabia Saudita e Iran non hanno interesse a dissanguarsi in uno scontro che sarebbe duro e – almeno sul piano militare – potrebbe concludersi senza vincitori o vinti. Il puro e semplice calcolo, quindi, potrebbe fermare le armi. Il confronto, però, non si fermerà.


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