Nel giorno in cui la Camera ha dato il via libera in quarta lettura alla riforma del Senato e della seconda parte della Costituzione targata Renzi-Boschi, si è costituito a Roma, presso l’Aula dei gruppi parlamentari, il comitato per il NO al referendum che, con ogni probabilità, si svolgerà in autunno, in seguito alla conclusione dell’iter parlamentare che avrà luogo in primavera.
Un NO costituzionale, dunque; un NO innanzitutto alla pretesa renziana di trasformare una consultazione sulla legge fondamentale dello Stato in un plebiscito su se stesso e sul suo operato di governo; un NO in nome dei valori etici e civili che innervano la Carta dei padri costituenti e le basi stesse del nostro vivere comune, del nostro essere una collettività in cammino, del nostro sentirci parte di un medesimo destino.
Un NO senza bandiere, se non il Tricolore e, per l’appunto, una copia della Costituzione del ’48, in quanto, a differenza dei padri ricostituenti, siamo fermamente contrari all’idea che le fondamenta della comunità possano essere appannaggio di questa o di quella parte politica e siamo altresì convinti, al pari di Calamandrei, che quando si mette mano alla Costituzione il governo dovrebbe abbandonare i banchi che gli competono, proprio per non confondere la legittima azione dell’esecutivo, per sua natura e giustamente di parte, con un’attività riformatrice che non può appartenere ad un solo schieramento ma deve essere, sempre e comunque, di tutti e condivisa dalla maggior parte dei parlamentari e dei cittadini.
Un NO, il nostro, che sarebbe stato gridato con la medesima forza e intensità chiunque avesse presentato questi pateracchi spacciati per riforme: ci opponemmo a Berlusconi nel 2006, ci opponiamo oggi a Renzi, ci opporemo sempre a chiunque si azzardi a snaturare e deformare lo spirito e i princìpi basilari della Costituzione.
Perché qui, mentre con una mano si controriforma la seconda parte della Carta, con l’altra si è già, di fatto, stravolta la prima, a colpi di Jobs Act (smantellamento dell’articolo 1), Buona scuola (smantellamento degli articoli 3, 33 e 34), Sblocca Italia (smantellamento dell’articolo 9) e Italicum (smantellamento ancora degli articoli 1 e 3) e adesso si chiede un’investitura plebiscitaria che non riguarda solo il Ddl Boschi ma l’intera attività dell’esecutivo, ancora una volta in contrasto con la nobile visione di Calamandrei e con l’esigenza di creare un terreno di confronto comune, pur nel rispetto della legittima diversità di vedute.
E non è vero, è bene ribadirlo, che chi si oppone a questa riforma è contrario a qualunque riforma in quanto nemico del progresso, del cambiamento e ancorato a un mondo che non esiste più. È vero esattamente il contrario, in quanto queste non sono riforme ma – come ha asserito l’avvocato Felice Besostri nel corso della presentazione del comitato – “deforme”: un obbrobrio che neanche i costituenti di Lorenzago, cui pure dicemmo orgogliosamente NO, erano arrivati a partorire. Noi, come dovrebbe essere ormai chiaro, siamo contrari a questo genere di riforme, tutte volte a rafforzare i poteri del governo, anzi del suo dominus, a scapito del Parlamento e della collettività: provvedimenti sbagliati e dannosi che, se non adeguatamente contrastati per tempo, rischiano di trasformare l’Italia in una satrapia, con un conseguente, definitivo svuotamento della democrazia e del già malandato sistema dei partiti; norme varate nel peggior modo possibile, a colpi di maggioranza, nella notte, con fiducie e strappi volgari e devastanti per la tenuta del tessuto sociale e del libero confronto delle idee su una base condivisa di valori comuni.
Un NO, il nostro, che va al di là delle fazioni, delle lotte di potere interne ai partiti, delle divisioni localistiche, delle maggioranze e delle minoranze; un NO, lo ribadiamo, fermamente costituzionale, in difesa dei princìpi che ispirano la nostra Carta, degli ideali resistenziali che la rendono unica nel suo genere, del desiderio di ricostruire luoghi di partecipazione e di dibattito, di analisi e di proposta, luoghi nei quali possano sentirsi pienamente protagoniste anche le giovani generazioni, sulle cui spalle, per ovvie ragioni, i medesimi valori dovranno essere posti.
Un NO sincero, libero, informato, nell’anno in cui si celebra il settantesimo anniversario della Repubblica e dell’Assemblea costituente, nell’anno in cui conosceremo, forse, il destino dell’Europa, nell’anno in cui più forti spireranno i venti pericolosi del populismo e dell’eccesso che ben si coniugano con una deriva che viene da lontano e sta sfregiando il volto dell’intero Occidente.
La difesa della Costituzione dagli assalti e dalle picconate che sta subendo ad opera di una maggioranza incostituzionale, eletta con una legge elettorale bocciata dalla Consulta, costituisce dunque una nuova forma di resistenza, di battaglia civile, di lotta corale e costruttiva in nome di quelle virtù repubblicane che non possono e non devono essere e tinte con alcun colore politico.
Un NO collettivo, di tutti, popolare che ovviamente definirà gli schieramenti in vista delle prossime elezioni Politiche, le quali vedranno, a loro volta, la contrapposizione fra chi ha a cuore il pensiero liberale e condiviso che sta alla base dell’attuale Costituzione e chi obbedisce pedissequamente agli ordini di una compagine di governo intenta unicamente a narrare la propria enfatica epopea, basata sull’assunto non vero degli esclusi in lotta contro la kasta che hanno preso il potere per restituire voce agli ultimi. È vero esattamente l’opposto, e le tante minoranze ormai l’hanno capito e si stanno organizzando, pronte a battersi all’unisono in nome di quel bene comune che tante volte è stato in grado di sopperire alle carenze di una classe politica da molto tempo non all’altezza e che adesso sta dettando una nuova agenda, democratica, civile e capace di ricreare una connessione sentimentale fra i cittadini, i corpi intermedi e le istituzioni.
Questa è la nostra Costituzione, queste sono le sue virtù, queste sono le ragioni profonde e lungimiranti per le quali impediremo a un uomo eccessivamente innamorato di se stesso e troppo convinto dei propri mezzi di riscriverla a sua immagine e somiglianza.