Nei miei ricordi politici e di studioso che ha fatto nella sua vita sempre politica (distinguendola, come è ne cessario, dal suo lavoro scientifico), la personalità di Armando Cossutta resta come quella di un comunista convinto, ma disposto a discutere con chi non lo era mai stato, e aperto a confrontarsi senza retro-pensieri con chi-come chi scrive-veniva da un’altra tradizione, quella di Carlo Rosselli e di Giustizia e Libertà e ancora del successivo Partito di Azione di Ferruccio Parri e Tristano Codignola.
Cossutta era stato partigiano delle Brigate Garibaldi e militante del partito comunista italiano di cui era stato, dopo il 25 aprile 1945 e la Liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista e nazionalsocialista, venne eletto in parlamento per oltre trent’anni dal 1972 al 2008 e fu co-fondatore prima di Rifondazione comunista, poi, dopo l’avvento alla segreteria del partito di Fausto Bertinotti, fondò nel 1998 con Sergio Garavini, Lucio Libertini ed Ersilia Salvato, il Partito dei comunisti italiani- pdci. A Botteghe Oscure, la sede storica del partito comunista italiano nel centro della capitale, si trovò più di una volta in contrasto con Enrico Berlinguer che non aveva per l’Unione Sovietica l’atteggiamento di riconoscenza priva di dubbi che Cossutta aveva avuto in maniera costante dopo la rivoluzione bolscevica di Lenin e dei suoi compagni (tra i quali c’erano stati, dobbiamo ricordarlo, sia Trotsky che la Luxembourg). Cossutta-un’altra cosa da ricordare per chi ha vissuto quegli anni-non condivise il ritiro della fiducia al secondo governo Prodi in quel momento(1998) da parte di Rifondazione comunista in quanto Prodi aveva ritenuto non possibile la riduzione dell’orario di lavoro nelle fabbriche a 35 ore come l’estrema sinistra chiedeva ma, ma lgrado questa scelta, il governo cadde davanti alle opposizioni coalizzate in cui si collocò anche Rifondazione.
Il pdci entrò quindi nel governo formato allora da Massimo D’Alema e Cossutta divenne presidente dei comunisti italiani fino al 2006 quando si dimise per contrasti con Oliviero Diliberto che era il divenuto il segretario del partito. Berlinguer peraltro, molti anni prima di lui, aveva fatto- nel suo discorso di insediamento come nuovo segretario del partito comunista italiano nel 1972-un riferimento chiaro alla primavera di Praga guidata da Dubcek con la critica a Mosca, affermazioni chiare sulla necessità del pluralismo politico e religioso, sulla centralità dell’autonomia nazionale e sul nesso indispensabile tra democrazia e socialismo. E su questo la differenza tra Cossutta e Diliberto non potevano cessare.
Ricordo che quando Diliberto mi chiese se ero disposto a candidarmi al parlamento con i comunisti italiani gli risposi che lo ero a condizione che si accettasse la mia condivisione piena alle posizioni berlingueriane e la mia provenienza da una tradizione di socialismo liberale diversa da quella del compagno Cossutta e di molti altri di diverse generazioni. Diliberto, in un’apposita conferenza stampa dedicata all’occasione, accettò la mia posizione ed io fui eletto dagli elettori dell’Ulivo prodiano in una legislatura destinata a durare-come allora si disse-poco più che lo spazio di un mattino. Ma di Cossutta ricordo l’integrità morale e la fedeltà fino all’ultimo agli ideali della lotta rivoluzionaria contro lo sfruttamento degli uomini. E perciò oggi credo sia giusto piangerlo con tanti amici e compagni del passato.