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“Un posto sicuro”, una storia d’amore ai tempi dell’amianto

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Due anni fa, luglio. Con l’amico operatore Guido Cravero siamo a Casale Monferrato, riprendiamo quello che resta dello stabilimento Eternit e intervistiamo Romana Blasotti Pavesi, il volto dolce e dignitoso della battaglia -ancora senza giustizia- per le vittime da mesotelioma. Poi abbraccio Francesco Ghiaccio e Marco D’Amore, vecchio amico il primo (regista casalese abilissimo e sensibile), attore di talento il secondo, tra i migliori di questa generazione, e non solo per  il successo della serie TV Gomorra che proprio in quei mesi stava sbocciando. Parliamo del film che hanno scritto su Eternit, si chiama “Un posto sicuro”, come quello che gli operai si erano illusi di trovare a Casale. Non c’è un produttore. Lanciano l’idea di un crowdfunding. La sensazione è che il lavoro sia già fortissimo, accolto da tutta una comunità pronta a mettere a disposizione case, brande, tavole, ricordi e speranze, purché questa storia arrivi a più gente possibile. Potrebbe essere un documentario, un docufilm forse, ma Ghiaccio e D’Amore hanno le idee chiarissime, sarà un film fatto e finito, una storia d’amore ai tempi dell’amianto, sullo sfondo di quella città un po’ chiusa che la tragedia ha unito e in cui si continua a morire, senza distinzioni di classi, in un picco di decessi previsto nel 2020. La sentenza choc della cassazione dello scorso novembre, quella prescrizione che sapeva tanto di colpo di spugna, ha fatto il resto. Un produttore ma anche nuova forza per portare sul grande schermo tutta l’indignazione e la voglia di riscatto che battono dalle parti di Casale. L’inizio delle riprese a Gennaio 2015, la trama: un padre ex operaio eternit (Giorgio Colangeli) ed un figlio (D’Amore) che si riavvicinano mente avanza il mesotelioma, con una grande storia di amore e speranza -Matilde Gioli la giovane protagonista- da trasferire intatta alle nuove generazioni.

“In calce alla sceneggiatura”racconta D’Amore, ormai casalese d’adozione “abbiamo messo una frase delle madri di Plaza de Mayo che dice solamente che l’unica battaglia persa è quella che non si combatte. Quella di Casale è una battaglia con la stessa intensità”. Per Ghiaccio la posta in gioco è il futuro: “si continua a lavorare l’amianto in molte parti del mondo e la nostra piccola comunità è un simbolo
di dignità internazionale. I giovani casalesi sono molto più combattivi della mia generazione. A loro chiediamo di continuare a indignarsi e parlare di questa storia”. “Un posto sicuro”, nota personale, è un bel film. Le 45 sale in cui è distribuito, un bel segnale.
La sua genesi inorgoglisce e fa da esempio. La carta d’identità degli autori (35enni) anche. Puro ossigeno per il nuovo cinema civile italiano.

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