La vicenda del collega de Il Fatto Quotidiano, Marco Bova, ha dell’assurdo e del preoccupante. Come riporta in un articolo di oggi Giuseppe Pipitone, il collega Bova, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Trapani perché non ha voluto rivelare la fonte di alcune informazioni contenute in un articolo pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 30 settembre scorso.
La vicenda è relativa ad un articolo di Marco Bova, in cui si raccontavano alcuni particolari emersi nell’indagine a carico di Nino Papania, l’ex senatore del Pd estromesso dalle liste alle politiche del 2013 perché considerato “impresentabile” dal comitato dei garanti del suo stesso partito. Dopo la pubblicazione dell’articolo, il Pubblico Ministero di Trapani, Marco Verzera, ha chiamato Bova per interrogarlo come persona informata sui fatti.
Nel corso dell’interrogatorio a Bova è stato chiesto di rivelare la fonte delle sue informazioni, ma il giornalista si è rifiutato, appellandosi al segreto professionale. Per questo motivo è stato iscritto nel registro degli indagati per false informazioni: Bova, infatti, è giornalista pubblicista e secondo il Pubblico Ministero non può trincerarsi dietro il segreto professionale, proteggendo la fonte, prerogativa che, sempre secondo il Pm, sarebbe riservata solo ai professionisti.
Così non è, come si può facilmente constatare facendo una semplice ricerca di giurisprudenza. Il problema comunque c’è e deve essere affrontato.
Io sono un giornalista pubblicista e comunque non rivelerei mai le mie fonti. Nulla, per chi fa questo meraviglioso mestiere, è più sacro delle fonti e vanno tutelate in ogni modo, siano esse di un pubblicista o di un professionista.
Il problema comunque sta a monte: il continuo tentativo di attaccare l’informazione libera e la soluzione non può che essere il corale rifiuto di questo attacco. Deve essere, però, un rifiuto forte e netto, altrimenti chi viene coinvolto in vicende del genere rischierà di pagare per tutti.
Spero che l’Ordine dei Giornalisti ed il sindacato unitario possano intervenire e far sentire forte ed unita la propria voce. E’ una battaglia di libertà che tocca tutti. E quando dico ‘tutti’, non mi riferisco solo a chi scrive ma anche a chi legge, unica forza che abbiamo, a prescindere dall’essere ‘professionista’ o ‘pubblicista’.