L’analisi di Franco Pesaresi e Carlos Chiatti, autori del V Rapporto sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia, sulla contrazione dei servizi. Pesa la riduzione dei finanziamenti per regioni e comuni. E le famiglie hanno mantenuto l’indennità di accompagno in casa, impegnandosi di più nell’assistenza
ROMA – In Italia sono 2,5 milioni gli anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti, ma per le istituzioni e la politica non rappresentano ancora una priorità ed è così che nel totale silenzio diminuiscono i servizi a titolarità pubblica, mentre cresce e si aggrava il peso dell’assistenza sulle spalle delle famiglie. Il quinto rapporto sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia messo a punto dal Network non autosufficienza e presentato da poco a due anni di distanza dal precedente non è solo un quadro esaustivo sullo stato dei servizi, ma è un memorandum visto che “l’Italia appare ancora in ritardo nel riformare il proprio sistema di servizi pubblici rivolti agli anziani non autosufficienti – spiega il rapporto -. Altri Paesi, europei e non, sono stati più lungimiranti e già da alcuni anni hanno compiuto vere riforme per definire una visione del problema e garantirgli una sostenibilità”. Secondo il rapporto, infatti, l’Italia è l’unico tra i grandi paesi europei a “non aver riorganizzato in maniera organica e con una vision unica e condivisa il suo sistema di continuità assistenziale negli ultimi trent’anni”.
La riduzione dei servizi. I trend delineano uno scenario chiaro, soprattutto se si prendono come punto di riferimento gli anni pre-crisi: i servizi sono quasi tutti in contrazione, anche se lieve. La copertura dei servizi di assistenza domiciliare per gli over 65 (Sad) dal 2005 al 2012 ha visto una variazione del -0,3 per cento. La dotazione di posti letto per over 65 è diminuita dello 0,2 per cento dal 2010 al 2012. Un meno 0,7 per cento anche per l’indennità di accompagnamento dal 2010 al 2013. L’unica ad aver percentuali positive è l’assistenza domiciliare integrata (Adi) per utenti anziani che dal 2005 al 2012 è aumentata dell’1,4 per cento. “Per la prima volta dal dopoguerra ad oggi – spiega Franco Pesaresi, direttore dell’Azienda Servizi alla Persona ‘Ambito 9’ di Jesi e tra gli autori dello studio -, i servizi per la non autosufficienza si riducono in modo inequivocabile. Fino ad oggi era accaduto il contrario: i servizi di poco sono sempre cresciuti coinvolgendo un numero sempre maggiori di anziani e non autosufficienti. Da questi ultimissimi anni, il livello di copertura si è abbassato nei servizi di assistenza. Unica piccola eccezione si registra nell’Assistenza domiciliare integrata, dove non c’è stata la diminuzione della percentuale degli anziani assistiti, ma si è ridotto il numero di ore medie erogate. Le Asl hanno continuato ad aumentare il numero degli assistiti, ma lo hanno fatto spendendo di meno, riducendo per ogni anziano il numero di ore di assistenza. In modo significativo”.
Per Pesaresi, la riduzione dei servizi è dovuta ad una “riduzione di risorse, soprattutto a livello centrale”. Se si prendono gli ultimi 10 anni (dal 2005 al 2014) l’andamento della spesa pubblica per l’assistenza continuativa degli anziani non autosufficienti over 65 mostra dati positivi: al 2014 si registrano 5,1 miliardi in più rispetto al 2005. Si è passati, cioè, dai 15,4 miliardi ai 20.5. Ad aumentare sono la spesa sociale dei comuni (passata da 1,6 miliardi a 3,1) e l’indennità di accompagnamento (da 7 miliardi a 10,3), mentre la componente sanitaria nell’assistenza continuativa, riferita sia all’assistenza nella comunità che nei presidi residenziali, sale solo di 500 milioni. E’ proprio per questo capitolo di spesa che nell’ultimo triennio (2011-2014) si nota un crollo: tale componente scende di ben 1 miliardo. Ed è sui territori, poi, che si gioca la partita più dura. “Quello che pesa di più è la riduzione dei finanziamenti indistinti – spiega Pesarasi -. Si sono ridotti in maniera pesante non tanto quelli specifici per la sanità e per i servizi sociali, quello che ha pesato molto di più è stata la riduzione dei finanziamenti indistinti per regioni e comuni. Alla fine sono stati i comuni che hanno messo a disposizione meno risorse. I finanziamenti per il sociale nei comuni sono coperti da meno del 50 per cento da risorse nazionali e regionali. Il resto lo mettono i territori”.
L’effetto di questa contrazione di risorse e di servizi è finita così nel bilancio delle famiglie italiane. “La riduzione delle risorse sicuramente ha visto impegnate più di prima le famiglie – racconta Pesaresi -. La famiglia ha cercato di razionalizzare la propria economia familiare e ha cominciato a mantenere l’indennità di accompagno in casa e impegnare di più la famiglia in compiti di assistenza. Questo impegno maggiore della famiglia ha portato ad un impegno consistente del lavoro nero, con l’assistente familiare non in regola. Ci sono state fasi in cui era aumentato il numero dei contratti regolari. Qui siamo tornati a molti anni fa. La grande maggioranza dei contratti sono in nero”.
Tuttavia, qualcosa si muove, proprio a livello centrale. A partire dal rifinanziamento del Fondo per la non autosufficienza in legge di stabilità, con 400 milioni. Ma sono anche altri gli investimenti che potrebbero avere ricadute positive sull’assistenza. “Se arrivano risorse per la povertà è chiaro che per i comuni si potrebbero liberare risorse da utilizzare per la non autosufficienza – ha spiegato Pesaresi -. Oppure non è detto che non si vada ad aiutare direttamente quelle famiglie povere che hanno la non autosufficienza in casa”. Tuttavia, questo non basta per invertire la tendenza. Per i curatori del rapporto serve un’attenzione politica nuova. Anche perché, a detta di Pesaresi, “occorrerà qualche altro anno perché cominci la ripresa, perché anche in questi ultimi anni la riduzione di servizi e di risorse è proseguita”. Per Pesaresi, infatti, da parte del governo “con ci sono stati segnali positivi”, se non l’avvio di un’indagine conoscitiva sulla non autosufficienza in commissione salute alla Camera. Quel che serve in Italia, però, è uno scatto di “consapevolezza” non solo della politica. “Non c’è abbastanza consapevolezza su questo tema che è caricato tra i pochi servizi con la maggior parte degli oneri a carico delle famiglie – spiega Pesaresi -. Ci vuole una straordinaria e maggiore attenzione, non solo della politica, ma anche di altri soggetti, come i sindacati. Gli stessi straordinari risultati che hanno ottenuto sul fronte previdenziale non hanno mai cercato di ottenere sul fronte dell’assistenza ai non autosufficienti. C’è bisogno che tanti soggetti facciano più pressione su questo tema”.
Una tematica, quella della non autosufficienza degli anziani, spiega Carlos Chiatti, economista sanitario e uno degli autori del rapporto, che “ha meno appeal e meno ricaduta mediatica” di altre che invece riescono a trovare spazio nell’agenda politica del governo. “Ormai abbiamo anche un po’ perso la speranza – lamenta Chiatti -. Manca una coerenza di politica a livello nazionale. La priorità oggi è un disegno di legge che riordini tutto e chiarisca quali sono i diritti delle famiglie e poi a cascata collegarci finanziamenti. Il fondo non autosufficienza è importantissimo, ma non è un caso che quando è stato il momento di tagliare è scomparso. Questo lo puoi fare tranquillamente quando manca una legge coerente”. Un quadro normativo chiaro, ma anche urgente, spiega Chiatti, anche perché nel prossimo rapporto “non avremo sorprese”. “Sicuramente andremo a confermare questi trend – assicura Chiatti -. Diminuzioni leggere. Riduzioni che non sono drastiche e non destano scalpore e così ci si abitua. Ma i campanelli di allarme, noi li vediamo tutti i giorni”. (ga)