Per i giornalisti che si interessano di Africa, l’autorevolezza dell’agenzia di stampa Misna è fuori discussione. “L’ha scritto la Misna” si tagliava corto nel corso di discussioni concitate quando arrivava qualche notizia che mandava in subbuglio le redazioni. Proprio come una volta si diceva: l’ha scritto l’Ansa, lo ha detto la Rai, insomma una sorta di Vangelo informativo. Quella struttura capillare fatta di missionari e religiosi impegnati negli slums di Johannesburg o nelle aree desertiche del Turkana era la fonte migliore, più autorevole e credibile per comunicare, denunciare, informare su quanto stava accadendo nelle comunità più lontane e neglette. Quante volte questi coraggiosi e silenziosi preti-reporter mi hanno avvertito di attacchi, scorribande, bombardamenti aerei che non hanno trovato spazio sui giornali perché nascosti ai media.
Quante volte questi religiosi-reporter hanno dato voce ai senza voce. La Misna è stata per i giornalisti che si occupano del sud del mondo una fonte imprescindibile ed anche una struttura capace di creare tutte le connessioni necessarie ai grandi media per poter raccontare pagine di una storia che altrimenti non avrebbe trovato spazio. I sacrifici dei redattori così come l’impegno dei direttori che si sono avvicendati dal 1997 ad oggi non sono pochi. La drammatica ipotesi che dal prossimo primo gennaio cessi la sua attività mi impensierisce non poco perché molti dei capitoli (forse la gran parte) di quella terza guerra mondiale diffusa sul territorio di cui parla Papa Francesco si combattono in Africa. Il rischio è di spegnere una luce, l’ennesima.