Domani è il giorno di festa, è un lungometraggio sul tema carcerario, affrontato però in maniera quasi fiabesca. D’altronde il protagonista è Leo Gullotta, attore eslege per antonomasia. Girato tra Altavilla e Ariano Irpino il film si snoda intorno alla tradizionale festa di San Pellegrino, con la sfilata dei battenti e i vicoli altavillesi in festa. Elaborato nell’ambito del programma “Sensibili e Attivi – Cinema per l territorio”, finanziato dalla Chiesa Valdese, il progetto ha visto il coinvolgimento di un centro rifugiati casertano. Tamila, è un ospite dello SPRAR AssoPace onlus di Sessa Aurunca, che ha partecipato alle riprese in qualità di assistente elettricista. Khaled è stato inserito nel cast attoriale dei “detenuti” e Alain si è invece occupato di mediazione culturale. Incarico che lo ha portato ad essere in procinto di inserimento nello staff dello SPRAR di Sessa Aurunca.
Per ora mancano i fondi ma appena saranno reperiti quella di Alain, quale mediatore linguistico culturale, è una figura indispensabile. Ci siamo sempre avvalsi di operatori culturali napoletani, ma ciò implicava dispendio di tempo. Un viaggio in treno di quasi due ore a/r per il mediatore e liste di attesa per noi. A parlare è Michele Calenzo, operatore SPRAR di Sessa Aurunca, nel nord casertano Caserta, dove il progetto è ormai una realtà collaudata. Nato nel 2001, nell’ambito delle azioni del Piano Nazionale Asilo-PNA, ha accolto quasi 400 richiedenti asilo e rifugiati, in media 25 ogni 6 mesi, con proroghe di altri 2 mesi in attesa della definizione dello status. Il progetto, nonostante sulla carta preveda un cofinanziamento del 20% da parte del comune, è praticamente a costo zero, in quanto la quota di compartecipazione è data dalle competenze tecniche dei funzionari comunali. Era stata prevista una voce di cofinanziamento per gli anni 2011/2013 di €5000,00 tagliata però nel bilancio di assestamento attuale. Il progetto non ha tolto nulla, anzi ha dato e da qualcosa nel paese; – puntualizza, Antonio, altro operatore SPRAR di Assopace – Tutti gli acquisti, dalla ricarica telefonica, al pane o al passeggino sono fatti sul territorio. Non abbiamo mai richiesto beni confiscati né strutture pubbliche (benché ce ne siano) per non essere tacciati di favoritismo. Le abitazioni che usiamo sono prese in locazione da privati e tutto ciò di cui si necessita si acquista in loco. Negli ultimi 24 mesi il tema “business migranti e prima gli italiani” ha tenuto banco, da qui – forse – la voglia di precisare.
Qui si è optato per l’accoglienza diffusa: quattro abitazioni, nei diversi vicoli del centro storico, per tre nuclei familiari e sei posti letto per single. L’integrazione – favorita dalla socializzazione e i rapporti di vicinato – ha qualche chance in più. In passato il progetto aveva sede in un edificio unico, appena fuori il centro urbano, ma in quindici anni il processo di accettazione/integrazione ha data buoni frutti. Da queste parti sono “catartici” due momenti dell’anno: settembre, per i “giochi dei quartieri”, e il periodo pasquale, per i riti penitenziari. Ormai da qualche anno, in quasi tutte le squadre di quartiere ci sono atleti nati in terre lontane e i famosi canti polivocali pasquali sono intonati anche da voci non autoctone.
Qui come altrove il sistema dell’accoglienza organizzata, tramite gli Sprar, ha dato buoni frutti, eppure il bando del Viminale per finanziare 10mila nuovi posti di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati ha ricevuto un’accoglienza fin troppo tiepida. La scadenza del 21 dicembre è stata prorogata da metà gennaio a metà febbraio: le domande sono irrisorie in relazione ai posti previsti dal bando. Degli oltre 8mila Comuni italiani, quelli che partecipano alla rete di accoglienza non sono neanche 400. La questione sembra essere più politica che organizzativa. Portare migranti sui propri territori non è un gesto apprezzato dai concittadini. I sindaci hanno paura di perdere consenso, per cui preferiscono “essere costretti” dalle prefetture ad accogliere, piuttosto che predisporre volontariamente progetti di accoglienza. Lo stesso Sprar di Sessa Aurunca è riuscito a coinvolgere i comuni di Santa Maria Capua Vetere e Castel Volturno, ma ha fallito in altri comuni. L’Anci-Associazione nazionale comuni italiani, che nei mesi scorsi ha girato l’Italia in lungo e in largo per presentare il bando agli enti locali, ha ottenuto dal Viminale la promesso che nei territori che partecipano alla rete Sprar le prefetture non invieranno altri immigrati. Un modo per far passare il principio: meglio scegliere l’accoglienza organizzata che quella straordinaria. Come sottolineato da Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci all’immigrazione: « la scelta di partecipare allo Sprar è sia una scelta di solidarietà verso chi fugge dalle guerre, ma anche un modo per tutelare il territorio da situazioni di accoglienza fuori dal controllo e dalla programmazione»