La Consulta e la Costituzione tradita

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Ma che vergogna! Che vergogna assistere all’ennesima umiliazione di un Parlamento ridotto in queste condizioni! Una politica che, come sostiene da tempo il professor Rodotà, è ormai all’anno zero, incapace di assumere qualsiasi decisione e, dunque, persino pericolosa, in quanto tutto possiamo permetterci, in una fase storica così complessa e delicata, tranne che istituzioni inconcludenti e drammaticamente screditate agli occhi dei cittadini; questa politica, che nel 2013 non riuscì ad eleggere il Capo dello Stato e adesso non riesce a sostituire i tre giudici costituzionali mancanti, pretende al tempo stesso di accentrare nelle proprie mani il massimo del potere decisionale possibile. Lo ha fatto attraverso l’Italicum: una pessima legge elettorale, fotocopia del Porcellum già bocciato dalla Consulta con la sentenza n. 1/2014, la quale ha di fatto delegittimato un Parlamento che, anziché tirare una linea sulla schifezza varata di forza dal centrodestra alla vigilia delle elezioni del 2006 e restituire la parola al popolo, non solo ha deciso di restare in carica fino alla scadenza naturale della legislatura ma si è persino arrogato il diritto di mettere le mani sulla Costituzione e di stravolgere ambiti fondamentali per il nostro vivere civile come la scuola, il lavoro e la Pubblica Amministrazione.

Nascono da qui i nostri guai e nasce da qui anche la protervia della maggioranza, sostenuta, ancora una volta, dall’opposizione governativa di Forza Italia, la quale, in linea con i desiderata di Palazzo Chigi, pretende di nominare alla Consulta non tre insigni giuristi, autorevoli, imparziali e indipendenti, con il compito di vigilare sulla costituzionalità delle leggi per i prossimi nove anni, ma tre sostenitori dell’Italicum e delle altre pessime riforme ispirate da Berlusconi e realizzate da Renzi.

Ora, intendiamoci: nessuno nega l’onestà intellettuale, il valore personale e le competenze giuridiche di Barbera, Sisto e della candidatura centrista che cambia ogni cinque minuti, in quanto si ferma sempre ad almeno cento voti dal quorum richiesto, come nessuno nega la loro legittima difesa e il loro più che legittimo sostegno nei confronti del governo Renzi e dei suoi provvedimenti; ciò che non riteniamo accettabile è che possano essere questi i criteri adeguati per farne tre giudici costituzionali.

Per questo, riteniamo un errore anche la scelta di alcune testate ostili all’esecutivo di appuntare l’attenzione sulle biografie dei tre soggetti in questione: l’avvocato Sisto, per dire, ha tutto il diritto di difendere alcuni suoi illustri colleghi di partito e di schieramento in tribunale, così come il professor Barbera ha tutto il diritto di ritenere l’Italicum e lo stravolgimento della Costituzione in linea con i princìpi della Carta del ’48, non è questo il punto; il punto è se il fatto di in sintonia con l’esecutivo possa costituire un requisito accettabile per accedere a una carica per la quale sarebbe richiesta, al contrario, una certa indipendenza dai partiti.

Il problema, pertanto, non è dei soggetti in questione, i quali, al pari di tutti gli altri cittadini, hanno il diritto, anzi il dovere, di formarsi un’opinione politica e di difenderla in tutte le sedi che ritengono opportune; il problema, gravissimo, ricade sulle spalle del Presidente del Consiglio, il quale ha bisogno di una Corte costituzionale a sua immagine e somiglianza che gli lasci passare provvedimenti dei quali egli stesso, evidentemente, sospetta l’incostituzionalità, primo fra tutti l’Italicum.

E attenzione: nessuno di noi vuole una Consulta di destra, di centro o di sinistra, laica o cattolica perché, al di là delle varie terne naufragate finora nel segreto dell’urna, esistono giuristi di tutte le tendenze, alcuni dei quali, almeno inizialmente, per nulla critici verso il governo Renzi, che potrebbero ricoprire quell’incarico con disciplina e onore, vigilando sulla costituzionalità delle leggi con imparzialità, senso civico e amore per quel bene supremo chiamato democrazia, senza minimamente preoccuparsi di chi sia l’inquilino di Palazzo Chigi.

In poche parole, ancora una volta, lo scontro non è fra renziani e anti-renziani, sostenitori e oppositori dell’Italicum: lo scontro è fra chi si riconosce nel principio della divisione dei poteri caro a Montesquieu, eredità di quel Secolo dei lumi che anche in Francia sembra essere passato di moda, e chi si batte per un accentramento dei poteri nelle mani di una sola persona, si chiami Renzi o in qualunque altro modo, che ci porta lontano dal contesto democratico.

Da qui la vergognosa paralisi delle istituzioni, da qui uno sperpero di denaro pubblico per sedute inutili e lesive della dignità del Parlamento non più sopportabile, da qui un clima di tensione che ha avvelenato, e avvelenerà ancor di più nei prossimi mesi, il confronto sulla riforma costituzionale, da qui il tradimento di quei meravigliosi insegnamenti dei padri costituenti che, in un Paese distrutto, lacerato e appena uscito da vent’anni di regime e cinque di guerra sanguinosa, con vendette, rappresaglie reciproche e spargimenti di sangue ancora in corso, seppero indicare ad un popolo sconvolto la strada della convivenza civile, del bene della comunità che prevale su quello dei singoli, della tolleranza, della giustizia e del ritorno alla normalità, a cominciare dalla riaffermazione del valore sacro e inviolabile delle istituzioni e del Parlamento sopra ogni altra.

Di statisti di quel livello, mi spiace dirlo, ma oggi non ne abbiamo.


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