“Dentro di me si affrontano l’entusiasmo per il melo in fiore e l’orrore per i discorsi dell’imbianchino. Ma solo il secondo impulso mi spinge alla scrivania” (Bertolt Brecht)
Il Mein Kampf “la mia battaglia”, il libro scritto da Adolf Hitler durante i nove mesi di prigionia tra il 1924 e il 1925, per la condanna legata al fallito tentativo di colpo di stato a Monaco nel 1923, verrà ripubblicato per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale in Germania a gennaio 2016 -quando scadranno i diritti di proprietà intellettuali sull’opera che gli alleati avevano ceduto al Land della Baviera- a 70 anni dalla morte dell’autore, morto suicida il 30 aprile del 1945.
L’edizione sarà curata da un team di storici dell’Institut für Zeitgeschichte di Monaco di Baviera, i due volumi cartacei per un totale di 2000 pagine saranno correlati da più di 3500 note per evidenziare gli aspetti propagandistici e storicamente farneticanti del libro, come l’intento della “razza ebraica” di voler distruggere “la civiltà ariana”, innescando così l’antico delirio dell’antisemitismo, fondamentale per la sua ascesa di “individuo superiore” che guida alla salvezza il popolo tedesco.
La verità è che era già perdutamente facile reperire una copia dello scritto più diffuso in Germania durante la seconda guerra mondiale -dieci milioni le copie vendute- e che al contempo questa decisione di ristampa nonostante le note a margine dilata la ferita sensibile di un vivere oscuro in cui la morte assegnata a chi non ha colpa diventa tenebra.
Spaventa ogni sussulto di peste che abita tra le parole di cenere dell’imbianchino, il suo pensiero infetto che nutre auspici di morte e d’odio echeggia in un mondo mutato ma ancora pronto a cupi orrori, per questo la scelta di evitarne la ristampa in quella terra meravigliosa da un passato crepuscolare andava perseguita.
Un fardello che non si spegne sottrae il futuro da nuove ombre, la memoria degli innocenti è l’unica che può indicare la via smarrita dell’umanità, rianimarne il respiro che s’arresta, perché solo le voci delle creature vissute e morte per amore sfilate dagli scaffali delle librerie, da Anna Frank a Etty Hillesum da Primo Levi a Paul Celan, ogni giorno ci salvano.