Caserta – In quelli che fino a qualche mese fa erano dei locali deposito dello splendido Palazzo Vanvitelliano è stata allestita una mostra storica meritevole di menzione: Erano giovani e forti. Caserta e i suoi figli nella Grande Guerra. Un’esposizione che – come altre mostre allestite in giro per l’Italia, in occasione del centenario dell’entrata in guerra del nostro paese – racconta il quotidiano del fronte, fra pentole, elmetti, kit chirurgici da sutura, borracce e lanterne. Tra i pezzi più interessanti: delle mazze ferrate austriache accostate a maschere antigas e gas nervino. Per quella che è stata definita la prima guerra del secolo breve – diversa dalle altre per strategia e tecnologia – tra aerei, granate e trincee fa specie pensare alle mazze borchiate, eppure sono uno strumento bellico usato sempre. Nel Rwanda nel ’94 il “fratello delle mazze”, ossia il machete ha fatto quasi 800.000 vittime in 100 giorni. Solo per citare il secondo più grande genocidio della storia.
Poco più in là ci sono delle biciclette pieghevoli Bianchi, modello 1912 – anno in cui l’azienda vinse la gara d’appalto per la fornitura di mezzi al corpo bersaglieri ciclisti (45.000 biciclette in trincea) – fucile in canna e cinghie per il trasporto in spalla. E poi, una stazione da 200 watt a tandem, con telefono da campo trasmettitore e cassettina telegrafica; e una singolare scacchiera realizzata con resti di munizionamento italiano e tedesco.
La mostra – che resterà aperta al pubblico fino al 31 gennaio – è inserita all’interno di un progetto più grande: http://www.eranogiovanieforti.it/ è un sito che si propone di raccogliere tutta una serie contributi ancora fuori dagli archivi canonici, ma che fanno parte delle storie familiari del territorio; uno strumento per raccogliere materiale fino al 2018 quando si potrà festeggiare la fine della Grande Guerra, piuttosto che ricordarne l’inizio. Tra le lettere dal fronte e le cartoline scambiate con le famiglie, una cassetta postale invita chi voglia avere notizie di congiunti o dispersi durante il Primo conflitto mondiale a scrivere e imbucare.
Quella allestita dalla Brigata Bersaglieri Garibaldi, la SUN ed altri Enti ed Associazioni, alla Reggia di Caserta – tra nature morte settecentesche e ritratti della famiglia borbonica – è una mostra “umanamente interessante”. 600.000 caduti tra i soli soldati italiani, 17 milioni di morti in totale (senza considerare la spagnola), 60 milioni di morti nel Secondo Conflitto, il tutto in nome di ipotetici valori e ideali o interessi nazionali: visitare questa e/o altre mostre o percorrere i sentieri e le trincee del Carso fa sovvenire in mente una sola domanda: per cosa?
Per accedere alla quadreria bisogna oltrepassare l’ultimo cortile a destra. Tra ponteggi e intelaiature, può capitare di imbattersi in una comitiva di quarantenni in vena di ricordi: un tempo in questo stesso cortile giocavano a pallone, il Regno delle Due Sicilie sfidava gli Austro-Ungarici o lo Stato Pontificio… “ma i Borboni e il Papa, mica erano nemici?” … “sarà ma noi avevamo otto/dieci anni, eravamo alle elementari, mica all’archivio di Stato!”