Le procedure giudiziarie e le dichiarazioni del senatore Esposito che dice: per Erri De Luca i media si sono mobilitati, per me no
Gli avvocati Andrea Di Pietro e Valerio Vartolo coordinano lo Sportello Legale di Ossigeno, che offre assistenza gratuita ai giornalisti e blogger che non dispongono di tutela editoriale né di adeguate risorse per difendersi in sede processuale. Per informazioni Visita lo Sportello Legale di Ossigeno
Le dichiarazioni rilasciate dal senatore Stefano Esposito, all’indomani della sentenza del Tribunale di Torino, che lo ha condannato per diffamazione alla pena di 600 euro di multa e al versamento di 20 mila euro di risarcimento in favore di quattro attivisti No Tav (articolo pubblicato sul suo blog l’8 dicembre 2011), offrono lo spunto per dire come la giurisprudenza italiana tratti diversamente la manifestazione di opinioni ritenute diffamatorie e l’attribuzione a qualcuno di un preciso comportamento di cui l’interessato contesta la veridicità.
Esposito ha sollevato indirettamente la questione, lamentando una disparità di “trattamento mediatico” tra la sua vicenda processuale e quella che ha avuto come protagonista lo scrittore Erri De Luca, perchè a difesa di quest’ultimo c’è stata un’ampia mobilitazione pubblica.
Prima di tutto, esprimiamo la nostra ammirazione personale per il comportamento processuale del senatore Esposito che, con una decisione non comune, ha deciso di non avvalersi delle prerogative costituzionali di non sindacabilità dell’attività parlamentare, riconosciute dall’articolo 68 della Costituzione.
Ciò detto, chiediamoci: le due vicende sono pienamente sovrapponibili? Sembra di no.
La clamorosa sentenza che ha assolto Erri De Luca ha affermato il principio che le opinioni personali meritano sempre la massima tutela, in forza dell’articolo 21 della Costituzione, anche quando le opinioni siano sgradite o addirittura possano entrare in conflitto frontale con norme poste a garanzia dell’ordine pubblico.
Lo scrittore, infatti, era accusato di aver istigato a commettere un reato dichiarando che la TAV, a suo giudizio opera inutile e dannosa, andasse sabotata.
Gli eventi coevi e successivi alle sue dichiarazioni avevano indotto la Procura di Torino a esercitare l’azione penale, ritenendo che le condotte degli attivisti No-Tav e le dichiarazioni di Erri De Luca fossero connesse in una dinamica di causa-effetto.
Al di là dell’esito processuale, favorevole a Erri De Luca, va evidenziato che le parole per cui era stato incriminato non contenevano un’attribuzione di “fatti determinati”, come invece sembra sia accaduto nel caso del senatore Esposito.
Nel suo articolo il senatore avrebbe attribuito agli attivisti la responsabilità di avere impartito le direttive ai manifestanti, in occasione delle proteste e dei disordini che si verificarono quello stesso giorno al cantiere della Torino-Lione.
Ricordiamo, a scanso di equivoci, che stiamo ragionando in generale sulle diverse fattispecie del reato di diffamazione e sul modo in cui esse vengono trattate a livello processuale senza conoscere – è bene precisarlo – le carte processuali su cui si fonda la condanna di Esposito. Possiamo dire, in base alla nostra esperienza processuale, che i fatti oggetto delle affermazioni contenute nell’articolo scritto e pubblicato dal querelato sono sottoposti a un attento esame per verificare se esse siano, in tutto o in parte, corrispondenti al vero, ovvero se esse siano pienamente provate.
In giurisprudenza, il controllo della verità dei fatti attribuiti a determinati soggetti è diverso e più rigoroso del controllo cui sono sottoposte le opinioni espresse da qualcuno. Le opinioni certamente devono risultare basate su fatti veri, e restano libere e insindacabili quando espresse in modo civile e siano di interesse pubblico e attuali.
In ciò consiste il divario incolmabile tra fatti e opinioni: Erri De Luca ha espresso una sua opinione, condivisibile o meno, in modo civile e libero. Il senatore Esposito sembra aver attribuito condotte astrattamente lesive della reputazione di altri soggetti senza riuscire a dimostrarne la verità processuale.
ADP VV