Classe dirigente cercasi. Ancora una volta, sempre, disperatamente. Solo due volte, nella sua storia, l’Italia si è ritrovata con una classe dirigente degna di questa nome, ma sono stati due momenti straordinari e “rivoluzionari”. La prima volta fu durante il Risorgimento, prima repubblicano e garibaldino, poi moderato e liberale con la “destra storica” che ripianò, a costo di lacrime e sangue per il popolo italiano, l’enorme debito pubblico accumulato con le guerre d’indipendenza. Poi ci fu il momento della formazione della Repubblica Italiana, nata dalla Resistenza, con una classe dirigente capace di costruire in pochi mesi, quando stava “scoppiando” la guerra fredda, la nostra Costituzione. Con il passare degli anni, anche questa straordinaria classe dirigente, in gran parte cresciuta nella lotta antifascista, si è indebolita, è invecchiata, è diventata più grigia e in parte corrotta. Probabilmente la causa fu l’assenza di ricambio dentro un sistema bloccato dalla guerra fredda. Così è nata la “casta”, vecchia, inamovibile, con poche qualità, salvo l’obbedienza. Il risultato è stato un debito pubblico cresciuto a dismisura negli anni ’70 e ’80, quando stava per chiudersi la stagione insanguinata del terrorismo, e il diffondersi capillare ed abnorme della corruzione fino all’esplosione di “Tangentopoli”. “Mani pulite” azzerò o avrebbero voluto azzerare la “casta” della prima Repubblica, ma nei primi anni ’90, improvvisamente e inaspettatamente, apparve Silvio Berlusconi con la sua “rivoluzione liberale”, clamorosa appropriazione indebita del pensiero di Gobetti. Berlusconi “promosse” una classe dirigente davvero nuova, “moderna”, esperta di pubblicità e di televisione, che aveva solo un “piccolo” difetto: era alle sue dirette dipendenze. I risultati, nonostante le promesse, non furono granché, e dopo quasi un ventennio, alla fine del 2011, l’Italia si è ritrovata altrettanto corrotta e sull’orlo della bancarotta. Fu il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a promuovere in extremis il governo tecnico del bocconiano Mario Monti.
Dopo la silenziosa catastrofe di una presunta “classe dirigente” selezionata dal Porcellum, la legge elettorale dispettosa ed anticostituzionale voluta da Berlusconi, Bossi e Calderoli, che ha dato forma anche all’attuale Parlamento, come verrà selezionata una classe dirigente, capace e onesta, in questa Italia che sembra annegare nella corruzione diffusa, nella burocrazia ottusa e nella mafia dilagante? La legge per l’elezione dei sindaci sembrava (e forse rimane) la più adatta per garantire questi passaggi, ma non ha impedito scandali come Mafia Capitale e una miriade di episodi di corruzione piccola e grande, spesso con la complicità di una burocrazia ostinata ed inamovibile.
L’Italia, eternamente diffidente nei confronti delle élite, priva di una grande scuola come l’Ena (École nationale d’administration) in Francia, qualche volta si è affidata alla risorsa Banca d’Italia, che ha dato presidenti della Repubblica come Einaudi e Ciampi e figure come Guido Carli, Paolo Baffi e Mario Draghi, ma anche questa istituzione, nata nel 1893, sembra avere consumato parte della sua antica reputazione.
Adesso è il momento dei “servitori dello stato”, grigi e un po’ tristi, come prefetti, generali dei carabinieri o giudici che si spera incorruttibili.
Ma la democrazia, per quanto stanca, è un’altra cosa.
E allora? L’esito incerto delle recenti elezioni spagnole hanno rilanciato il “valore aggiunto” dell’Italicum, inizialmente costruito grazie ai compromessi con Forza Italia e contestato duramente dal M5S, che -bene o male- dovrebbe garantire una governabilità senza inciuci.
Paradossalmente, grazie al doppio turno -se nessun partito raggiunge il 40% dei voti- potrebbe favorire proprio il M5S in uno scontro diretto con il Pd di Matteo Renzi. Se vincesse il M5S sarebbe una nuova rivoluzione, dall’identità ancora incerta, che si appella agli onesti con una sorta di carica del tipo “arrivano i nostri”. E se anche le primarie on line, con candidati dai curricola un po’ troppo leggeri, o le varie Leopolde, dovessero fallire? Non resterebbe che “rinforzare” l’educazione civica nelle scuole e affidarsi alla storia di lunga durata, aspettando, come cantava Lucio Dalla, “quando sarà due volte natale e festa tutto l’anno”…