Se c’è una cosa di cui non si può accusare De Rita è: “Ma di quale società parla?”. Lui – il vero e unico De Rita, Giuseppe, il Fondatore-Presidente, che ha appena celebrato i suoi 60 anni di carriera professionale – parla di questa società, della nostra, dell’Italia. E come potrebbe essere altrimenti. E non sarebbe neppure conveniente, in altre parole è molto più comodo, perché d’altronde l’Italia, o meglio gli italiani, non cambiano mai.
Anche per questo 49esimo “Rapporto sulla situazione sociale del Paese”, il Grande Vecchio ha dato il titolo alla fotografia che il suo Censis ha scattato all’anno che sta per concludersi. Quello del 2015 è: “Il Resto”. Se chiedi a un cittadino qualsiasi: “Come va?” – ha spiegato De Rita – la prima risposta che ottieni è: “Lavoro, famiglia, soldi, salute, un disastro”. Ma se insisti: “E il resto?”. “Il resto tutto ok”, risponde categorico il nostro interlocutore.
Nel primo capoverso del comunicato stampa dell’Istituto di ricerca c’è, come è doveroso, tutto. Comprese quelle piccole variazioni che garantiscono al lettore che sta leggendo l’ultimo Rapporto, e non uno qualsiasi dei 48 precedenti. Ma non è colpa del Censis. E’ che l’Italia sempre quella è.
Leggiamo: “Un letargo esistenziale collettivo e la vittoria della pura cronaca. C’è oggi una pericolosa povertà di interpretazione sistemica, di progettazione per il futuro, di disegni programmatici di medio periodo. Prevale una dinamica d’opinione messa in moto da quel che avviene giorno per giorno. È la vittoria della pura cronaca, che inietta nella vita quotidiana il virus della sconnessione. Lo si vede nella disarticolazione strutturale del nostro sistema. La composizione sociale è di antica e sempre più intensa molecolarità: vincono l’interesse particolare, il soggettivismo, l’egoismo individuale e non maturano valori collettivi e una unità di interessi. Crescono così le diseguaglianze, con una caduta della coesione sociale e delle strutture intermedie di rappresentanza che l’hanno nel tempo garantita. A ciò corrisponde una profonda debolezza antropologica, un letargo esistenziale collettivo, dove i soggetti (individui, famiglie, imprese) restano in un recinto securizzante, ma inerziale. In sintesi, ne deriva una società a bassa consistenza e con scarsa autopropulsione: una sorta di «limbo italico» fatto di mezze tinte, mezze classi, mezzi partiti, mezze idee e mezze persone”.
Andiamo bene! “E il resto?”, viene da chiedersi. E’ difficile dipingerlo, il resto, con colori differenti da quelli dello “zero virgola”, della macchiettistica “arte dell’arrangiarsi”, della “saggezza (in via d’istizione) popolare”. Censis ci prova e porta gli esempi dei giovani che vanno a studiare o lavorare all’estero (sbaglio o qualcuno, recentemente, ha parlato di generazione Erasmus?) o s’avventurano nell’azzardo delle start up, delle 500mila le famiglie che si sono dedicate (in nero!) al bed&breakfast, dell’emergente imprenditoria della green economy, dei nuovi modelli di offerta turistica fatta di natura e di gastronomia. E’ difficile che tutto ciò possa fare sistema, finché si continuerà a nascondere i risparmi sotto il materasso (si stima in oltre 4mila miliardi di euro il patrimonio degli italiani) e non si trasforma in concime per l’economia reale, per non parlare di quanto è occultato nei caveaux delle banche. E’ difficile che tutto ciò possa fare sistema, finché il brodo primordiale in cui avviene è il sommerso e la scintilla vitale è, e resta, l’”aum-aum”.
Dunque l’Italia dorme, o meglio fa finta di dormire, sperando che il controllore non le chieda il biglietto per non svegliarla. Eppure ci sono sintomi di vitalità: dalla ripresa del mattone, avvertita finora in maniera indiziaria con il boom delle richieste di mutui, al record di presenze di turisti stranieri. Ma attenzione, ammonisce il Rapporto, non pensiamo di trovare i segni di tutto ciò nelle sky lite delle nostre città: fatta qualche eccezione, sono “i piani terra” che cambiano, dove i negozi di abbigliamento, di calzature, i ferramenta, le macellerie vengono inesorabilmente sostituiti da take away, ristoranti, bar, gelaterie, pasticcerie, e molti fruttivendoli. Ma, precisa il Censis, ciò testimonia soprattutto la caparbia e silenziosa integrazione degli stranieri nella nostra quotidianità.
Non fermiamoci in superficie, è l’esortazione caldeggiata da De Rita con ancora più forza degli anni precedenti. La cronaca ci uccide, sono le parole del Fondatore-Presidente. Bisogna ragionare sul medio-lungo periodo. La cronaca dà informazione ma non dà conoscenza, perché la società evolve con lunghi processi e non tramite eventi. Un evento si conclude perché è spinto fuori da quello che segue. Ciò ci porta affanno e come àncora di salvezza non troviamo altro che concentrarci su noi stessi, sulla nostra pancia.