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Causa milionaria: lascio la scrittura o raddoppio

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Tra alcune settimane il tribunale di Modena depositerà la sentenza nella causa civile con la quale Cooprocon e l’Ingegner Adriano Vandelli chiedono un risarcimento non quantificato ma pari almeno a un milione di euro ciascuno per i partecipanti al servizio di Report dell’11 dicembre 2011 dedicato al Sacco di Serra: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-f7182332-b4cf-4136-b925-a209965f4359.html I compagni di questa (dis) avventura sono la cittadina Francesca Ragusa, il geometra Oliver Zaccanti, il collega di Report Giuliano Marrucci e la conduttrice della trasmissione di Rai3 Milena Gabanelli. La richiesta milionaria su cui ci siamo concentrati, lieti delle dichiarazioni di Ossigeno per l’Informazione, Fnsi, Ordine dei giornalisti sul carattere intimidatorio della maxi-causa, ha fatto sparire la questione centrale: quanto concretamente si rischia di dover pagare in caso di condanna. La sentenza sulla carta dovrebbe essere favorevole come le precedenti, dato che i fatti esposti sono veri, continenti, pubblicamente rilevanti e di utilità sociale, però siamo in Italia, non si sa mai. Nel mio caso si è trattato di leggere una visura camerale e confermare un’indagine per abuso edilizio in corso sulla Cooprocon: http://www.modenatoday.it/cronaca/stefano-santachiara-querela-ordine-giornalisti.html. Due settimane fa noto la notizia della condanna di Davide Vecchi del Fatto Quotidiano a 25mila euro in solido con Fatto Spa e il direttore Padellaro e, intimorito dal quantitativo mai sentito perlomeno qui in Emilia Romagna, chiamo il mio avvocato civilista che dice:”In media una condanna in sede civile per discredito, su media nazionali, è non inferiore ai 10mila euro e non superiore ai 50mila”. Due-tre anni di stipendio: i risparmi di una vita. Vecchi non li paga, nessuno li paga. I giornalisti, in questo caso della Rai ma in generale in ogni televisione, giornale, rivista, radio, hanno le spalle coperte dall’editore. Altrimenti al primo risarcimento danni in sede civile andrebbero in rovina: si vedrebbero svuotare il conto, sequestrare l’auto o, per chi la possiede, l’abitazione; infine pignorare un quinto di stipendio sino al rientro totale del “debito” del giornalista. Per consuetudine gli editori si occupano di retribuire l’avvocato e, nelle cause civili, di pagare (essendo in solido) tutto o gran parte del risarcimento inflitto al giornalista (almeno l’80%). Sarebbe dovuto accadere anche nel caso della direttrice de L’Unità Concita De Gregorio e dei colleghi che si sono visti pignorare dei beni perché l’allora editore è in liquidazione. Scandalosamente, non è avvenuto. Ora, se venissi condannato per la puntata di Report, rischio una condanna da 10 a 50mila e nessun editore coprirà la spesa: la Rai perché non sono dipendente della tv pubblica; Il Fatto, malgrado compaia in sovraimpressione la dicitura “giornalista del Fattoquotidiano.it”, scelse di non coprirmi le spalle come ricorda il collega Carlo Gregori della Gazzetta: http://gregori-modena.blogautore.repubblica.it/2012/03/24/silenzio-si-querela/ . La motivazione del Fatto fu che avevo parlato in tv e dunque non tramite un articolo sul giornale di carta o online, dove peraltro uscivano un discreto numero di scoop di giornalismo investigativo http://sosthesoundofsilence.blogspot.it/2012/01/quando-i-giornalisti-con-la-schiena.html compreso il caso di Serramazzoni, anche se più incentrati sul primo caso di legami fra un sindaco del Pd e un ex soggiornante obbligato di Gioia Tauro, imputato di corruzione del primo cittadino per appalti di stadio e scuole e pure di incendi dolosi e invio di testa di capretto mozzato.giuseppegiulietti@yahoo.it In questi giorni dall’associazione stampa Emilia Romagna mi confermano che non sono mai capitati casi di risarcimento di tali dimensioni e che esiste un fondo assicurativo della Federazione nazionale giornalisti: in totale si tratta di 150mila euro, ma copre le spese per le condanne penali e civili dei giornalisti scaricati dagli editori solo sino a 5mila euro; sino a settembre 2015 arrivava a 7500 euro. La motivazione è che le cause sono tante e la platea di colleghi tutelati si è allargata, com’è giusto (ora anche precari, free lance). Però ci sono patrimoni e redditi personali diversi e c’è una differenza sostanziale (grossa come una casa, verrebbe da dire) fra chi è coperto dai 5mila del fondo e chi rischia di dover pagare varie decine di migliaia di euro da solo. Trovo fastidioso dover parlare di questioni personali, perdipiù di denaro: non ho mai chiesto un euro oltre il dovuto, vivo serenamente con poco (rientro anche nell’elenco dei giornalisti minacciati, ma non è quello il punto) collaborando con Left Avvenimenti e scrivendo libri, ma se non ci sarà una protezione adeguata, fossimo in 3, 10 o 100 colleghi in tale condizione, non sarà possibile continuare a esercitare il diritto-dovere della libera informazione.


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