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Zimbabwe, sotto inchiesta i giornalisti che hanno accusato la polizia di bracconaggio

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Nello Zimbabwe circolano da tempo voci su cosa e chi sia dietro a una serie di uccisioni di elefanti nel parco nazionale di Hwange. Il Sunday Mail, domenica 1° novembre, ha pubblicato un’inchiesta secondo la quale numerosi agenti di polizia, tra cui un alto funzionario, farebbero parte di una rete di bracconieri che uccide gli elefanti col cianuro.

Tre giorni dopo, la polizia si è presentata alla redazione del Sunday Mail per presentare il conto: il direttore Mabasa Sasa, il capo del desk indagini Brian Chitemba e il redattore Tinashe Farawo sono stati arrestati e, ammanettati come pericolosi criminali comuni, portati di fronte al giudice.

Dopo aver rifiutato di rivelare le loro fonti e di rendere noti i nomi dei poliziotti di cui si parla nell’inchiesta, i tre giornalisti sono stati rinviati a giudizio per aver pubblicato notizie false, danneggiando così l’immagine del paese. Se la polizia dello Zimbabwe si fosse sentita veramente danneggiata dall’articolo, avrebbe potuto fare tre cose: smentire l’articolo, pretendere le scuse del quotidiano o, alle brutte, avviare una causa civile per diffamazione.

Invece, è stata scelta la mano dura. Nessuna sorpresa, per chi conosce la natura oppressiva del regime dello Zimbabwe. Nonostante la Costituzione adottata nel 2013 contenga tutta una serie di garanzie, la libertà di stampa e l’attivismo per i diritti umani sono ancora fortemente penalizzati. In passato, decine di giornalisti sono stati accusati e processati per aver pubblicato notizie false. Per fortuna, sono stati tutti assolti. Lo stesso esito che ci auguriamo per i tre giornalisti del Sunday Mail.


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