Yohanna (la chiamerò così) è nigeriana, siede davanti a me nella sala d’attesa dello studio dell’avvocato che si sta occupando di lei. Rischia di perdere le sue due bambine per adozione, a causa della mancata autosufficienza economica. Cioè, perché è povera. Ma oggi è una bella giornata per lei, perché abbiamo trovato una soluzione, anche se parziale: un aiuto per pagarsi un affitto.
Mi dice in un buon italiano che sta in una casa famiglia, ma vuole lavorare. C’impegneremo per aiutarla, la rassicuro, è contenta, ringrazia, ma non sorride mai. Ha attraversato il deserto da giovane e come ogni ragazza in fuga della sua età ha dovuto subire violenze sessuali da ogni trafficante. “Le donne africane sono abituate a soffrire, mi dice con lo sguardo basso, ma le mie figlie avranno un’altra vita”.
Entriamo nella saletta dove ci accoglie l’avvocato. Libertà e Giustizia di Roma – grazie a una cara amica – ha trovato un donatore che vuole darle 5 mila euro per l’affitto di una casa almeno per qualche mese, il tempo di dimostrare al giudice che ce la sta facendo a risalire dai guai che ha passato.
“E’ importante l’assegno ma anche la dichiarazione della vostra associazione – dice l’avvocato – perché il giudice valuta l’affidabilità di queste madri sole, sia da una minima disponibilità economica, sia dalla rete di relazioni che hanno costruito”. Yohanna deve andar via, perché domani incontrerà il Papa, grazie ad una signora che l’ha fatta partecipare ad un invito dedicato ai bambini.
“Tutto questo è’ importante – dice l’avvocato dopo che è uscita – perché la convivenza affollata nelle casa famiglia è molto rischiosa per una madre sola. Basta un litigio con un altra donna o una reazione contro l’assistente e viene allontanata, mentre i figli rimangono nella casa. Questo trauma segna il progressivo allontanamento della madre dai figli, la sua depressione e l’inizio di una vita disordinata, un intervallo sempre più lungo delle visite fino alla dichiarazione di adottabilità dei figli.
“Anche perché la domanda di bambini da adottare – continua il legale – non si rivolge quasi più verso le adozioni dall’estero, un canale ormai sempre più chiuso per le difficoltà, i costi, ma soprattutto perché gli adottati sono spesso traumatizzati da guerre e stenti e frequentemente manifestano nella adolescenza criticità drammatiche. Questi bambini invece sono nati in Italia, in un contesto relativamente tranquillo e quindi tutto è più semplice. Soprattutto perché spesso quello che possono offrire con generosità le famiglie adottanti economicamente solide è molto di più di quanto può dare un madre in difficoltà e abbandonata”.
Mentre lasciamo lo studio legale chiedo al donatore – un simpatico e tranquillo romagnolo che lavora nella cooperazione e che ha voluto rimanere anonimo – perché avesse deciso di fare il suo gesto. Sorride, si spinge su gli occhiali sul naso con un’espressione di noncuranza silenziosa e continua a scendere le scale.
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