Che cosa significa disdetta del contratto nazionale di lavoro? Che cosa accadrebbe se il contratto non fosse rinnovato nei prossimi sei mesi? Le risposte a queste domande si possono evincere dalla costante interpretazione delle norme contrattuali e dal quadro giuridico-legislativo generale.
La disdetta è una facoltà che il contratto riconosce ad entrambe le parti contraenti. La mancata disdetta del contratto produce – così come disposto dall’articolo 52 del vigente Cnlg – il rinnovo dello stesso di anno in anno. Pertanto, per evitare questo automatismo, la Fnsi – a partire dal 1947 – ha sempre comunicato alla Fieg la disdetta del contratto per garantirsi che le nuove norme contrattuali entrassero in vigore dal giorno successivo a quello della scadenza. La Fieg ha comunicato la disdetta del contratto con la stessa motivazione: ribadire che le nuove norme contrattuali devono entrare in vigore dal 1 aprile 2016. Va ribadito che la disdetta del contratto non significa rescissione della contrattazione collettiva, la cui validità è confermata dall’intero ordinamento giuridico e dalla stessa Costituzione, tant’è vero che la stessa FIEG ne ha confermato la validità chiedendo di intensificare il confronto per il rinnovo per far sì che il nuovo articolato contrattuale entri in vigore dal 1 aprile 2016.
Che cosa succede se il nuovo contratto non viene stipulato entro il 31 marzo 2016?
Come già avvenuto in passato (l’ultima volta in ordine di tempo, con il contratto disdettato nel 2005 e rinnovato ben oltre la sua naturale scadenza, ossia nel 2009), le norme contrattuali scadute continuano a trovare applicazione.
In caso di mancato rinnovo entro il 31 marzo 2016, gli editori potrebbero disapplicare il contratto in quanto scaduto?
No. Perché i giornalisti sono stati assunti con un contratto individuale di lavoro nel quale si richiama l’integrale applicazione del Cnlg. La legge non consente di venire meno agli accordi sottoscritti fra le parti e l’applicazione rientra nella tutela dei diritti individuali acquisiti.
E i nuovi assunti?
Va ricordato che il contratto collettivo del 1959 ha acquisito validità erga omnes con legge dello Stato e, come ribadito in una recente sentenza della Corte di Cassazione, non può essere disatteso. Pertanto, qualora il contratto non fosse rinnovato, per i nuovi assunti bisognerà fare riferimento al richiamato contratto del 1959 e, per l’adeguamento economico, all’articolo 36 della Costituzione che garantisce ad ogni lavoratore una retribuzione proporzionale alla qualità e quantità del suo lavoro. La parte normativa del contratto del 1959 prevede numerosi istituti , fra i quali giova richiamare gli aumenti biennali di anzianità, le maggiorazioni per lavoro festivo e domenicale, l’indennità fissa in caso di risoluzione del rapporto.
A che punto è la trattativa?
Il confronto fra Fnsi e Fieg è stato avviato e prosegue con spirito costruttivo, come peraltro si evince dalla lettera che il presidente degli editori, Maurizio Costa, ha inviato al segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso e dal comunicato della Fieg. Siamo in un passaggio cruciale. Il settore è stato duramente provato dalla crisi e dai tagli operati dalle aziende, che negli ultimi cinque anni hanno comportato la perdita di più di tremila posti di lavoro e consistenti riduzioni delle retribuzioni, per effetto del ricorso massiccio alla cassa integrazione guadagni e ai contratti di solidarietà. Oltre che dalle aziende, i costi della crisi sono stati pagati pesantemente dall’intera categoria, come dimostrano in modo eloquente i dati dell’ultimo bilancio dell’Inpgi. Dal 2010 ad oggi, l’uscita anticipata in prepensionamento di circa 700 giornalisti ha prodotto una riduzione delle entrate contributive di circa 30 milioni di euro. A questi si aggiungono 400 milioni di euro di maggiori uscite (integrazione del reddito e contribuzione figurativa) per sostenere i costi degli ammortizzatori sociali. Ad oggi, inoltre, tremila giornalisti sono ancora in solidarietà.
Dalla presa d’atto di questa situazione è partito il confronto fra Fieg ed Fnsi. A nessuno sfugge la consapevolezza che la tenuta del sistema richiede il ritorno agli investimenti perché la politica dei tagli, pure inevitabile in periodi di recessione, nel lungo periodo diventerebbe soltanto un ulteriore fattore di indebolimento. Per questa ragione, la reciproca disponibilità al confronto senza pregiudiziali e con senso di responsabilità su tutto l’articolato contrattuale, non può prescindere dall’obiettivo principale che la Federazione nazionale della Stampa italiana ha già manifestato: la ripresa dell’occupazione. Creare le condizioni affinché un articolato contrattuale rivisto e adeguato alle nuove esigenze produttive e organizzative, imposte già da tempo dalla rivoluzione digitale, possa includere progressivamente un certo numero di giornalisti precari è un presupposto irrinunciabile. In un’ottica di lungo periodo, tesa alla salvaguardia del sistema di welfare assicurato dagli istituti della categoria, l’aumento dell’occupazione e il rafforzamento delle tutele e delle garanzie per coloro che, pur essendo parte integrante dei processi produttivi, tutele e garanzie non ne hanno affatto, sono i temi che dovranno qualificare il confronto fra le parti e il nuovo contratto.
I PRECEDENTI – “Prioritaria è la ripresa del mercato del lavoro”
La disdetta non cancella la contrattazione collettiva