da La Nota politica di Rodolfo Ruocco su Rainews.it
Prima c’è stata la rottura. Stefano Fassina, Alfredo D’Attorre, Pippo Civati e Sergio Cofferati hanno detto addio a Matteo Renzi uno dopo l’altro. Le accuse al presidente del Consiglio e segretario dei democratici sono state e sono pesanti: il Pd ha subito una “mutazione genetica”, ha assunto una fisionomia “di forza centrista” e ora guarda “più a destra che a sinistra”.
Adesso Fassina e D’Attorre scommettono sull’esistenza di uno spazio politico a sinistra per la nascita di un nuovo partito. Hanno rotto gli indugi: sabato 7 novembre hanno deciso la nascita di Sinistra italiana in un’affollata assemblea tenuta al Teatro Quirino di Roma. Hanno aderito al progetto anche altri ex parlamentari democratici e Sinistra ecologia e libertà, il partito guidato da Nichi Vendola. I nuovi gruppi parlamentari di Sinistra italiana saranno all’opposizione: 31 deputati alla Camera (26 di Sel e 5 ex Pd) e una decina di senatori a Palazzo Madama.
A gennaio si svolgerà una assemblea per lanciare una fase costituente per dare vita nell’autunno 2016 al nuovo partito di Sinistra italiana, Si (l’acronimo è lo stesso di Socialisti italiani, il nuovo nome scelto da Enrico Boselli per il Psi nel 1994 dopo il ciclone di Tangentopoli). Per Fassina «la sinistra non è finita, non è stata cancellata. C’è l’esigenza di esprimere le necessità e di dare rappresentanza a vaste aree di sofferenza sociale».
Lo spazio elettorale «è molto ampio» perché «vanno recuperati i tantissimi elettori delusi e quelli rifugiatesi nell’astensione anche nelle regioni tradizionalmente rosse come l’Emila Romagna». Al centro del «nuovo inizio» c’è la tutela del lavoro, dei diritti dei precari, delle minoranze, la difesa dello stato sociale, delle «riforme vere, progressive e non regressive». Il progetto è di creare «una sinistra larga, non identitaria, non antagonista, ma di governo».
Fassina ha attaccato «le riforme strutturali» di Renzi perché quelle economiche sono liberiste e quelle istituzionali plebiscitarie, insomma «sono le proposte della destra». La prossima battaglia in Parlamento sarà contro il disegno di legge di Stabilità presentato dal governo: «Questa manovra economica è iniqua e sinergica al Partito della nazione. Renzi ha detto che attua il programma che Berlusconi non è riuscito ad attuare». Previsione: «Molti altri arriveranno dal Pd».
L’ex vice ministro del governo Letta per la prima volta ha polemizzato anche con la sinistra del Pd, la minoranza in cui ha militato a lungo. Ha criticato soprattutto Pier Luigi Bersani: «Dispiace per le parole di Bersani: il gioco della destra lo fa la destra con il Jobs act, con l’intervento sulla scuola, con l’Italicum, con la riforma del Senato e della Rai». Fassina, D’Attorre e Vendola marciano assieme e rimangono in attesa di Civati, Cofferati, dei militanti dissidenti della sinistra Pd e di quelli del M5S critici con Beppe Grillo.
Tuttavia per ora la scissione è contenuta e gran parte della minoranza del Pd resta con Bersani. L’ex segretario democratico ha dato ragione a Fassina e D’Attore sul no «a un partito neocentrista» e al “Partito della nazione” delineato da Renzi, ma «l’alternativa noi dobbiamo costruirla nel Pd». Bersani non vede spazi politici per nuove formazioni a sinistra del Pd. A la Repubblica ha argomentato: «Senza il Pd il centrosinistra non lo fai più» e se sono cancellati i democratici «la nostra gente va prima da Grillo che nella sinistra nascente».Anche Renzi è scettico sulle prospettive elettorali di una forza alla sinistra del Pd: li rispetta «ma se pensano di poter intercettare magari i delusi dal Pd, credo che abbiano sbagliato i conti: il contenitore di quelle delusioni non sono loro, ma Grillo e i suoi cinquestelle».
Il presidente del Consiglio e segretario del Pd a La Stampa ha difeso le riforme del governo che hanno aiutato la ripresa e fatto aumentare l’occupazione. Ha respinto «le offese e gli insulti» lanciati contro di lui, come di attentare alla democrazia: «La nascita di ‘Sinistra italiana’ è la certificazione di una sconfitta: la loro» ed «è anche la prova del fallimento del lungo assalto teso a screditare me e a far cadere il governo».Considera un fallimento anche la manifestazione del centrodestra a Bologna con Salvini e Berlusconi sullo stesso palco: «Destra e sinistra hanno passato l’ultimo anno ad assaltare il governo con ogni tono e ogni mezzo. Non ce l’hanno fatta: e dunque oggi indietreggiano, serrano le file e si riorganizzano».
La dirittura di marcia non cambia. La prossima battaglia è far approvare dal Parlamento la manovra economica, che è «di sinistra».L’obiettivo è di allargare i consensi. Il vice segretario democratico Lorenzo Guerini ha ricordato i successi: «Da quando Renzi è segretario mi pare che l’obiettivo fondamentale di conquistare nuovi elettori lo abbiamo centrato». Il riferimento è al 40,8% dei voti conquistato dal “rottamatore” di Firenze nelle elezioni europee dello scorso anno. Presto cominceranno le nuove sfide elettorali. In primavera ci sarà la battaglia per eleggere i sindaci in molte importanti città, qualcuno avanza l’ipotesi della candidatura di Fassina a sindaco di Roma ed egli per ora dice: «Valuteremo programmi e candidature e poi si vedrà». Aggiunge anche ad a Agorà su Rai3: se ci fosse accordo sul programma «non precludo la possibilità di sostenere un candidato del Movimento 5 stelle».
La vera partita si giocherà nel voto politico previsto nel 2018, ma c’è anche chi ipotizza urne anticipate l’anno prossimo. Sel nel 2013, alleata con il Pd di Bersani e il Psi di Riccardo Nencini, raccolse il 3,2% dei voti. La coalizione di centrosinistra “Italia Bene Comune” ottenne una «non vittoria», come la definì Bersani, perché conquistò la maggioranza alla Camera, ma non al Senato e così nacque il governo di “larghe intese” guidato da Enrico Letta con il centrodestra di Silvio Berlusconi.
Gira una stima all’interno di Sinistra italiana: potenzialmente potrebbe ottenere il 15% dei voti. Sarebbe una cifra molto più alta di quella di Sel. –