Dovendo navigare rasente l’isola delle sirene, al largo del promontorio sorrentino, Ulisse detta le regole per la conduzione della nave prima di sentirne il canto, fa tappare le orecchie ai marinai, cosicché da esso siano al riparo, e si fa legare, dando ordine di ignorarlo per tutta quella traversata. Ecco, le costituzioni sono un po’ questo: l’organizzazione che ci si dà prima di poter cedere al canto delle tante sirene, suadente o terribile.
Alcuni costituzionalisti, come Elster, fanno loro il monito di Circe all’eroe dell’Odissea, spiegando che le norme fondanti di uno Stato sono quelle leggi che si assumono quando si è sobri per potersene servire quando si sarà ubriachi, di potere o di paura. Preoccupa sentire che Hollande vorrebbe cambiare in senso più autoritario lo strumento costituzionale che già ora fa dei poteri del presidente nella V Repubblica quel “coup d’État permanent” di cui diceva Mitterrand. E preoccupa maggiormente al ricordo che proprio i socialisti, per timore che quei poteri finissero in mano a Le Pen padre, si convinsero a votare Chirac; vorrebbero forse incrementarli ulteriormente adesso, per poi consegnarli a Le Pen figlia?
Non ho sentito, però, appelli alla cautela. Ho letto invece qualche commentatore affermare, come fosse la cosa più normale, che per rispondere al senso di insicurezza che gli attacchi di Parigi hanno generato nell’animo dei francesi (e speriamo non per limitare possibili cadute di consenso), monsieur le president vorrebbe il suo Patriot act. Solo che non è proprio così: per quanto quella scellerata decisione di Bush abbia portato a storture e limitazioni delle libertà individuali sconfinanti spesso nell’abuso, nessuno negli Usa ha mai pensato di farne norma costituzionale. Nel caso, non sarebbero certo state possibili le (per la verità scarse e blande) limitazioni all’azione di spionaggio a strascico che col Freedom act si è tentato di porre, e del regime di Guantanamo si sarebbe fatto fondamento dell’Unione.
Con rammarico, noto inoltre che l’idea di Hollande è apprezzata pure fuori dai suoi confini da altri governi, come quello belga, alle prese con i problemi di cui tutti stiamo leggendo. Io la dico come la penso, sapendo che non è certamente maggioritario il mio punto di vista: non è riducendo le nostre libertà che combatteremo chi proprio queste vede come suo nemico. Rischiamo, al contrario, di dargliela vinta, dimostrando che, in fondo, in quei valori nemmeno noi ci crediamo davvero, ma ce li permettevamo come lusso alla fine di giornate di lavoro intenso e decorazione formale di un potere tranquillo, appagato e sicuro.