(foto di Enrico Ripanti) “Il terrorismo ha un nome ma non un cognome e quando sento che i mass media dicono terrorismo islamico, mi fa male”. La manifestazione Not in my name a Roma, organizzata dall’Unione delle Comunità islamiche d’Italia ha visto la partecipazione di diverse centinaia di persone che incuranti della pioggia si sono ritrovate in piazza Santi Apostoli. No al terrorismo, no alla paura: dal palco hanno parlato Abdellah Redouane, segretario generale della Grande moschea di Roma, rappresentanti delle Istituzioni italiane tra cui Luigi Manconi e Kalid Chaouki, sotto scorta dopo le minacce ricevute.
Anche Susanna Camusso e Maurizio Landini erano presenti alla manifestazione. Sotto al palco donne, uomini e bambini musulmani sventolano bandiere della pace, mostrano cartelli con su scritto: io non sono un terrorista. L’associazione tra islamico e terrorista viene fortemente rifiutata dalla piazza e una ragazza tunisina che vive da nove anni in Italia pensa che la stampa italiana e i telegiornali sbaglino quando “mettono insieme queste due parole: terrorismo-islamico. Islam vuol dire pace, Allah amore. Il popolo italiano ha un cuore grande, ci ha accolto mentre scappavamo dalla guerra e dalla fame. Adesso io chiedo ai mass media di cercare di capire questa religione che con il terrorismo non ha nulla a che fare”.
“I musulmani non sono terroristi” dice un ragazzo pachistano che è sceso a Roma dall’Umbria per manifestare: “non esiste lo Stato islamico, esiste il Daesh e ci sono tante differenze tra Daesh e Islam. Non bisogna fare confusione. Secondo me loro non sono musulmani e mi dispiace quando leggo o sento che le due parole vengono accostate l’una all’altra. Sono lontane, chi le avvicina sbaglia”.
A ferire queste persone non sono né violenze e né minacce ma l’uso semplicistico delle parole che troppo spesso secondo loro viene fatto dai grandi mezzi di comunicazione: “se tu sentissi dire in televisione terrorismo cristiano penseresti subito che chi parla sta lanciando un messaggio sbagliato, sta commettendo un grosso errore”.
Per Kalid Chaouki l’errore che non deve fare l’informazione oggi è proprio “quello di cadere nella trappola della generalizzazione. Il miglior regalo che si può fare al terrorismo in questo momento è stringere milioni di persone musulmane nella casella dell’estremismo. Invece non viene compreso quanto un titolo o un articolo di giornale possa far male non solo agli adulti ma soprattutto ai bambini di religione musulmana. L’invito ai mezzi di informazione è a fare attenzione alle semplificazioni e anche a raccontare le esperienze di pace, di convivenza, di pace, di dialogo che in Italia si verificano ogni giorno: a partire dalla piazza di oggi”.