L’Italia esporta bombe ma il governo resta in silenzio

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Dieci giorni fa, alla vigilia della partenza di Matteo Renzi per Riad, la Rete Italiana per il Disarmo, Amnesty International Italia e l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e sulle politiche di difesa e sicurezza (Opal) di Brescia avevano fatto due richieste precise a Matteo Renzi: annunciare formalmente la sospensione dell’invio di sistemi militari all’Arabia Saudita, impegnata nel sanguinoso conflitto dello Yemen e prendere posizione sulle violazioni dei diritti umani che si susseguono nel paese.

Il conflitto nello Yemen ha finora causato più di 4000 morti, di cui almeno 400 bambini, e 20.000 feriti – di cui circa la metà tra la popolazione civile – provocando una catastrofe umanitaria con oltre un milione di sfollati e 21 milioni di persone che necessitano di aiuti umanitari.

Solo due settimane fa, dall’aeroporto di Cagliari, era partito un cargo contenente tonnellate di bombe italiane. Destinazione: la base militare delle forze armate saudite a Taif. Nei mesi precedenti, ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall’Italia, come le bombe MK84 e Blu109, erano stati ritrovati in diverse città dello Yemen colpite dalla coalizione saudita.

Silenzio da parte italiana: il ministero degli Esteri non è intervenuto neanche per smentire che le forze saudite stessero impiegando in Yemen anche ordigni prodotti in Italia. Non pervenute neppure le interrogazioni parlamentari.

Eppure, l’Italia è stata promotrice del Trattato internazionale sul commercio di armi, entrato in vigore due anni fa, che vieta il trasferimento di armi laddove vi sia il serio rischio che vengano usate per compiere violazioni dei diritti umani. Per non parlare della legge 185 del 1990 che vieta espressamente l’esportazione di armamenti “verso i paesi in stato di conflitto armato, in contrasto  con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio  dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”.

Delle violazioni dei diritti umani che si verificano all’interno dell’Arabia Saudita, Matteo Renzi – ci dice una stringata nota di agenzia – avrebbe parlato alle autorità saudite, chiedendo un atto di clemenza per il noto blogger Raif Badawi (condannato a 10 anni e 1000 frustate) e per il giovane attivista Ali Mohammed Baqir al-Nimr che, insieme a suo zio, l’influente religioso sciita  Nimr al-Nimr, rischia l’esecuzione. Quest’anno in Arabia Saudita sono state eseguite già 151 condanne a morte.


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