L’opera seria in un atto “The Bassarids” di Hans Werner Henze, su libretto di Wystan Hugh Auden e Chester Kallman, dalle Baccanti di Euripide eseguita per la prima volta a Salisburgo il 6 agosto del 1966, ha aperto meravigliosamente la stagione 2015/2016 del Teatro Costanzi dell’Opera di Roma con la regia di Mario Martone: “Il Teatro dell’Opera di Roma in questo momento è un esempio luminoso dello sforzo per immaginare un futuro”
La scelta del Novecento potente della sinfonia in quattro movimenti di Henze -in scena per la prima volta a Roma- regala allo spettatore il conflitto tra dolenti eroi nemici, Dionisio il dio spietato capace di sortilegi e di una seduzione irresistibile che si fa musica e il sovrano Penteo l’essere morale -che invano Cadmo (nonno di Penteo) e Tiresia (indovino cieco) tentano di dissuadere- che reprime e condanna al supplizio chi nella città di Tebe si perde nel culto dionisiaco, elemento moderno sociale e politico del libretto e cela nell’oblio dell’incoscienza il suo desiderio di oscurità.
È in una mescolanza meravigliosa tra l’io e il suo doppio, del carnefice che si fa vittima , tra la luce e l’oscuro, tra la repressione e la distruzione, che la genialità di Martone narra “Le Baccanti, la scatola nera dell’umanità”, attraverso il riflesso di uno specchio che domina il palcoscenico.
Le bassaridi, devote a Dionisio accolgono tra carne e sangue e peccato di riti orgiastici il re sconfitto di Tebe, nato da Agave e sfiorato dalla protezione di Beroe, figura sublime dell’opera, Penteo travestito da donna vuole vedere le Menadi sul posto del loro culto con i propri occhi e viene sbranato da sua madre stregata dal dio seducente che la rende assassina.
Stefan Soltesz dirige l’Orchestra del Teatro Costanzi, nei ruoli vocali principali Ladislav Elgr (Dioniso) e Russell Braun (Penteo), l’opera di Roma grazie alle scelta illuminata del direttore Carlo Fuortes che segue ‘I was looking at the ceiling and I saw the sky’ di John Adams e ‘Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny’ di Kurt Weill, si rivela al contempo un luogo di confronto con la realtà e un luogo di scoperta di un orizzonte diverso, un viaggio attraverso l’altrove in cui ognuno di noi reincarna se stesso, scorticati di bellezza, di paura, di interrogativi e di vita gli spettatori dell’opera a Roma sono scolpiti dalle “acrobazie del sublime”, ferite uniche che rendono impossibile sottrarsi ai presagi della musica.
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