L’Africa, i gay e l’anacronistica omofobia di Mugabe

0 0
 [Traduzione a cura di Benedetta Monti dall’articolo originale di Sanya Osha su Pambazuka News]

Un paio di mesi fa, durante il suo discorso davanti all’Assemblea dei Capi di Stato delle Nazioni Unite a New York, il Presidente a vita della nazione tormentata dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ha annunciato “allegramente” che “noi (gli africani) non siamo gay” e quindi, il resto del mondo non deve immischiarsi quando i diritti delle minoranze sessuali vengono calpestati. Di conseguenza, un sistema maggioritario può servire come base per infliggere le oppressioni e le ingiustizie nei luoghi in cui i rapporti tra le persone dello stesso sesso costituiscono un crimine. Soltanto un individuo anacronistico come Mugabe può avere il fegato di pronunciare una tale assurdità imbarazzante.

Tuttavia, le implicazioni di questa gaffe non sono finite. Ovviamente senza saperlo, Mugabe sta cercando di far risorgere i fantasmi del razzismo e del colonialismo che ha sempre sostenuto di disprezzare. E per quale motivo? Per secoli i cosiddetti sostenitori del razzismo hanno difeso il loro pensiero sulla base dell’esistenza di una gerarchia delle razze “comprovata scientificamente” che è applicabile al genere umano per giustificare la sopraffazione e lo sfruttamento delle razze che sono rese vittime. La stessa argomentazione è stata utilizzata per programmare e mantenere il progetto del colonialismo. E il mondo ha accettato questa bugia fino a che non si sono verificate le inevitabili ripercussioni. Nella presa di posizione del Presidente Mugabe è possibile distinguere un elemento fascista: l’aspetto della demagogia utilizzata come una caratteristica essenziale della leadership e della persuasione collettiva.

Tuttavia, tra l’oppressione di Mugabe e il colonialismo di un tempo esiste una differenza significativa. Mugabe è fautore di una visione marginale che ha ombre di follia, una visione contraria alle regole della democrazia contemporanea che, elezione dopo elezione, ha cercato di offuscare e stravolgere con tutto ciò che è in suo potere. Se Mugabe avesse pronunciato le sue parole come una persona distante dai fatti, non avrebbero avuto molto peso, invece le ha ritenute opportune per parlare a nome di una nazione intera e di un continente di miliardi di persone, e non si può permettere a questa violenza verbale di passare inosservata. In un mondo in cui i personaggi che fanno parte dell’autorità pubblica sono obbligati ad agire in modo trasparente e responsabile, Mugabe continua a rappresentare una sorta di imperatore obsoleto e ridicolizzato. Certamente non è un personaggio che dovrebbe parlare a nome di un continente che vuole andare incontro al futuro.

Oltre ad essere un nemico della democrazia, Mugabe è anche un diffamatore della verità storica. Quando l’omosessualità del vice presidente Banana è stata fatta trapelare, Mugabe è stato costretto ad approvare una legge che condanna le persone colte in atti omosessuali a dieci anni di lavori forzati. Naturalmente la questione dell’omosessualità di Banana è stata liquidata in fretta e nascosta sotto il tappeto perché avrebbe costituito una contraddizione rispetto alla visione di Mugabe sulla tradizione e sugli usi africani.

La sua omofobia può anche essere considerata come un atto disperato per salvare la faccia, dato che si tratta di un aspetto che rientra nell’ambito del fondamentalismo e dell’intolleranza in Africa. Le sue opinioni estremiste non sono diverse da quelle di Al Shabaab o di Boko Haram, perché sono opinioni che invece di incoraggiare la comprensione e la reciprocità possono solamente portare al caos e alla violenza. Avendo fallito sul fronte della leadership, quale altro modo aveva Mugabe per ingraziarsi la popolarità e l’accettazione? In questo caso, colpire i gay sembra essere la scusa più conveniente, che distrae facilmente dal compito di ricostruire un’economia nazionale allo sfascio, istituzioni democratiche credibili e una sfera pubblica animata. Piuttosto che fare la cosa giusta, è possibile per Mugabe vedersi seduto allo stesso tavolo di Al Shabaab e di Boko Haram che tramano per fare a pezzi il continente africano, dato che ideologicamente parlando hanno così tanto in comune?

Cheikh Anta Diop, pioniere dell’afrocentrismo e della storiografia nera, nella sua opera “L’Africa Pre-coloniale” afferma che l’omosessualità è sempre stata presente all’interno del continente, quindi quando Mugabe afferma che l’omosessualità è contraria agli usi e ai costumi africani, non dice la verità e come tutti i dittatori in preda al panico si batte per inventare falsità e baluardi per combattere la resistenza alla sua tirannia.

Nel diffondere la sua “democrazia”, Mugabe potrebbe non aver compreso che esiste un collegamento tra i movimenti per i diritti civili, delle donne e degli LGBT che hanno contribuito alla nostra comprensione della democrazia contemporanea. In quanto tali, un’aggressione alla comunità LGBT costituisce anche un attacco diretto ai suoi principi, e ciò può spiegare perché il regno di Mugabe rimarrà sempre considerato anomalo e distruttivo, non riuscendo ad accettare il vero significato di democrazia. Utilizzandone un suo concetto errato, è finito per limitarne le possibilità e lo spazio, e l’ironia sta nel fatto che ha promosso il suo ultimo attacco durante un incontro organizzato da un’istituzione globale creata per diffonderlo e approfondirlo.

Tutti gli africani che hanno un sentire democratico devono comprendere le vere intenzioni di Mugabe perché le conseguenze del non farlo potranno avere conseguenze di ampia portata. Prima di tutto le affermazioni di Mugabe danno sostegno ad alcuni aspetti di quell’”eccezionalismo” africano che comporta ulteriore auto-emarginazione e auto-sabotaggio. Il che comporta anche i tentativi di assolverlo dall’indagine e dalla responsabilità in un contesto che diversamente richiede uno stretto controllo. La sua gaffe diffusasi globalmente dovrebbe far suscitare un giusto senso di vergogna a tutti gli africani ben intenzionati e progressisti se non vorranno agire in qualche modo al riguardo.

Indipendentemente dalla propria opinione sulla democrazia, nessuno può accettare le violazioni di Mugabe, perché dove domina l’intolleranza, omicidi e carneficine possono essere facilmente commessi. Sfortunatamente, in un contesto in cui le istituzioni e le prassi costituzionali vengono fatte a pezzi, a volte l’abolizione dei diritti e delle libertà può non essere vista per ciò che è in realtà. E come in molte altre situazioni, la democrazia non soltanto viene utilizzata per essere indebolita ma anche per consolidare le forme di dominio più anti-democratiche.

Inoltre, l’affermazione di Mugabe, alla stregua di molti altri suoi discorsi, finisce solamente per screditare la storia, la tradizione e la cultura, in quanto rifiuta di accettare l’urgenza del presente, nonché l’inevitabilità del futuro. In altre parole, Mugabe si sta comportando come la proverbiale ostrica che vuole negare, se non addirittura prevenire, un’onda di marea enorme e irreversibile.

Anche la Chiesa Cattolica, pur fortemente basata sulle regole, sta scendendo a patti con il fatto che il cambiamento non solo è inevitabile ma anche necessario per continuare a sopravvivere. Mugabe, all’età di 91 anni, sapendo che il suo tempo ormai sta per finire e terrorizzato in maniera psicotica dal presente, per non parlare del futuro, può trovare un sostegno solamente in un passato che rappresenta sempre meno la verità e ciò che è considerato il meglio per l’umanità. Tutto ciò che lo circonda finisce così trascinato nella voragine che si trova sotto di lui. Davvero una bella eredità dopo trentacinque anni di malgoverno inesorabile e spietato.

Da vociglobali


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21