Tutto iniziò il 19 maggio del 2008 a Ponteranica, quando Nando dalla Chiesa aprì “la settimana della pace” con un incontro sul tema “democrazia e legalità” e si concluse con l’intitolazione – il 3 giugno – della biblioteca comunale a Peppino Impastato. Nel mezzo alcune mostre e dibattiti, organizzati dall’Amministrazione comunale, dalle parrocchie, da decine di gruppi del paese (compreso un gruppo di giovani che poi darà vita al Comitato Peppino Impastato) con la collaborazione degli Enti locali per la pace e del Coordinamento provinciale di Libera.
L’anno successivo la Lega vinse le elezioni comunali e – con la prima delibera della nuova Giunta – venne rimossa la targa e l’intitolazione della biblioteca a Peppino Impastato.
Seguirono innumerevoli iniziative di lotta, convegni e dibattiti, conferenze stampa e trasmissioni televisive, concerti e manifestazioni di protesta con la partecipazione di migliaia di persone. Ma l’Amministrazione comunale leghista non fece passi indietro. E così si arrivò al 2014, quando la Lega a Ponteranica perse le elezioni. La nuova Giunta insieme ai giovani del Comitato Peppino Impastato riaprì un percorso, che nel 2015 ha portato all’intitolazione del Centro Vivace a Peppino Impastato e a tutte le vittime delle mafie. Ma non solo: il Comune di Ponteranica ha aderito ad Avviso Pubblico, l’associazione degli enti locali e regionali per la formazione civile contro le mafie.
Tutto bene quindi? Non tanto. In questa storia resta da spiegare perché a protestare contro la rimozione della targa di Peppino c’erano circa 7.000 manifestanti, mentre il 20 novembre 2015 all’incontro di presentazione dell’adesione del comune di Ponteranica ad Avviso Pubblico erano presenti soltanto 20 persone. A ben vedere la manifestazione è stata certamente doverosa, ma l’adesione ad Avviso Pubblico in prospettiva potrebbe essere considerata più significativa.
Come ebbe a dire Nando dalla Chiesa in occasione della scarsissima partecipazione alle udienze del processo per l’indagine “Infinito” contro l’ndrangheta in Lombardia, noi che ci mettiamo il vestito dell’antimafia siamo dei “dilettanti”. La differenza a volte sta tutta in una parola: perseverare. Un plauso ai pochi che hanno continuato puntando alla concretezza dei risultati raggiunti. Ma oggi è difficile non vedere la distrazione di qualche migliaia di persone, che non hanno saputo passare dalla (sacrosanta) indignazione all’impegno effettivo e continuativo.