Jiad significa “lotta sul cammino di Dio” e il mullah Krekar ha percorso da tempo quel triangolo di territorio italiano che sta tra Milano, Varese e Cremona in una Lombardia ancora a governo leghista ma percorsa da nuove generazioni lontane dai partiti politici italiani e desiderosi di far qualcosa contro i poteri che dominano il pianeta. E divengono così gruppi di combattenti disponibili ad andare nel Nord dell’Iraq a combattere nel conflitto acceso nel 2001 in Afghanistan contro i “talebani” dopo gli attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti e nel 2003 in Iraq con l’invasione americana e la “coalizione dei volenterosi” contro il fondamentalismo islamico.
Il mullah Krekar è arrivato in Norvegia come profugo nel 1991 e ha creato la fazione Al Ansar al Islam ed è diventano un punto di riferimento per la lotta jiadista. Seicento combattenti sono affluiti nella nuova fazione che ha trovato giovani disponibili in tutto il vecchio continente. In un’analisi del Ros dei carabinieri l’azione di Krekar appare volta a creare un “contenitore” in grado di ospitare mujaheddin di varia provenienza sia “soldati semplici” Ma “anche figure importanti come Hamza il libico o l’egiziano Abu Hani poi catturato in Malaysia da un’operazione della Cia.
Le inchieste condotte dalle procure della repubblica italiane soprattutto del Nord fanno emergere i legami con una figura poco conosciuta ma che diventerà a poco a poco il simbolo del qaedismo in Iraq, Abu Musb al Zarkawi . E’ una rete che mette a disposizione degli insorti giovani disposti a guidare un camion bomba. Ed è quello che accade più volte nelle città irachene. Ci sono vari racconti come quello che segue raccontato in un articolo recente da un quotidiano milanese.
Il protagonista si chiama Dedar Khalid Khader che ha ventuno anni ed è stato bloccato nel 2002 in Kurdistan. “Sei o sei stato membro del gruppo Ansar al Islam ‘”Sì, ero soldato semplice”. “Chi era a capo di Ansar al Islam ?” “Era il mullah Krekar” “Lo hai mai incontrato? ” “Sì, più volte” “Hai avuto dei colloqui con il mullah Krekar?” “Non sono mai stato solo con il mullah ma eravamo in diversi quando si discuteva degli attentati suicidi. Loro dicevano che era una cosa buona e che era bello essere mussulmani e uccidere dei non mussulmani. Si doveva essere fieri di essere un attentatore suicida. Fu Abu Abdullah Safihi (in contatto con la rete italiana) a chiedere se volevamo diventare attentatori suicidi mentre il mullah Krekar parlava con noi e ci convinceva.
In questi anni il mullah non ha mai smesso di combattere e organizzare combattenti per la guerra santa. Ed è sempre sfuggito ai piani per arrestarlo e, dopo un tentativo di rapimento compiuto in Norvegia nel 2003, ha continuato a reclutare giovani europei di molte nazionalità votati al suicidio per la Jiad. Ora le fazioni di Al Qaeda e quelle che fanno capo all’ISIS sono in lotta tra loro ed è difficile capire tra i due gruppi quale avrà più filo da tessere ma certo è che l’assenza di una soluzione politica a livello internazionale che ponga termine alla guerra civile in Siria e all’occupazione dell’Afghanistan non favorisce la fine degli attentati suicidi e delle vittime in quella zona tormentata del vicino Oriente, come una volta si chiamavano nei Paesi europei quegli Stati.