Di nuovo giornalisti nel mirino, in Iran, di nuovo lo svolgimento di una libera attività professionale sulla carta stampata e su altri media iraniani che viene considerata un “attentato alla sicurezza nazionale” frutto di legami illegali con governi stranieri. Ancora giornalisti perquisiti, arrestati da agenti in borghese e poi trasferiti in luogo ignoto.
La nuova ondata di arresti è del 2 novembre scorso. È tornato in carcere Isa Saharkhiz (nella foto), un noto giornalista di area riformista che era stato già arrestato dopo le contestate elezioni del 2009 e aveva già scontato una pena di 4 anni dovuta ai suoi articoli di critica al regime. In prigione anche Afarine Chitsaz del quotidiano Iran, Ehsan Mazandarani del quotidiano Farhikhteghan e Saman Safarzai del mensile Andischer Poya. Tutti e quattro sono stati catturati in casa da agenti in borghese dei Guardiani della Rivoluzione, e le agenzie Tasnim e Fars hanno riportato la notizia parlando dell’arresto di “membri di una rete illegale legata ai governi di Stati Uniti e Gran Bretagna.” Reporter Senza Frontiere, condannando l’episodio, riferisce anche che altri giornalisti sono stati convocati e minacciati dalla Guardia Rivoluzionaria.
Tutto lascia pensare che il luogo di detenzione dei quattro giornalisti arrestati sia il carcere di Evin a Teheran, benché non ci sia nessuna informazione in proposito. Il figlio di Isa Saharkhiz, in un’intervista, ha detto che al momento dell’arresto il padre ha annunciato la sua volontà di entrare in sciopero della fame.
Non solo giornalisti. In questi giorni la comunità internazionale si sta mobilitando per il caso di Keywan Karimi, 30 anni, regista cinematografico condannato a 6 anni di prigione e 223 frustate a causa del suo lavoro. I giudici lo hanno ritenuto colpevole di avere offeso l’Islam con un video musicale, peraltro incompiuto, e con un documentario intitolato “Scrivere sulla città”, dedicato ai graffiti politici in Iran dal tempo della rivoluzione in poi. Karimi era stato arrestato il 14 dicembre 2014 e portato a Evin dove era stato tenuto per due settimane in isolamento. Rilasciato su cauzione, ha però ricevuto notizia della sentenza a suo carico l’11 ottobre scorso. Il paradosso è che il film incriminato era stato realizzato con il sostegno e l’accredito dell’Università di Teheran.
Non molto diversa la situazione dei due poeti Fatemeh Ekhtesari, 31 anni, e Mehdi Mousavi, 41, condannati rispettivamente a 11 anni e sei mesi e a 9 anni di carcere, più 99 frustate ciascuno. Nel loro caso, oltre alle accuse legate alle loro opere (offese contro l’Islam e propaganda contro il regime), c’è quella di “abbraccio con persone dell’altro sesso”. Nella Repubblica islamica, infatti, è vietato ogni contatto fisico tra uomo e donna che non siano sposati e non abbiano legami di parentela. A mobilitarsi per loro l’associazione internazionale di scrittori PEN.
Tutto questo accade in Iran a pochi giorni dalla storica visita in Italia del Presidente Hassan Rohani, la prima in un paese europeo dopo il raggiungimento dell’accordo nella faticosa trattativa sul nucleare iraniano. In Italia e in Europa la Repubblica Islamica tende ad accreditarsi come un possibile partner industriale, commerciale e culturale, anche per rilanciare l’economia duramente colpita da anni di sanzioni internazionali. Ma intanto, per quanto riguarda libertà di espressione e di informazione, e in generale sul fronte diritti umani, molte cose in Iran sembrano continuare esattamente come prima.
*Marco Curatolo è giornalista e socio fondatore di Iran Human Rights Italia Onlus, sezione italiana di IHR, organizzazione non governativa che ha lo scopo di denunciare le violazioni dei diritti umani nella Repubblica Islamica dell’Iran.