Di Antonella Sinopoli
Art. 25, comma 1 Dichiarazione universale dei Diritti Umani
Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari […]
Un diritto fallito, negato, dimenticato in ogni parte del globo. Basta essere poveri e i diritti diventano utopia. La povertà, la mancanza di futuro, servizi sociali scarsi, inadeguati o inesistenti, accomunano persone la cui vita sembrerebbe così diversa. Si chiamano homeless o persone senza fissa dimora.
Europa, Asia, Oceania, America, Africa: nessun continente è fuori dalle statistiche internazionali che riguardano il problema dei senza tetto. L’ultima raccolta dati dell’ONU, a livello globale, risale a dieci anni fa, la stima era allora di 100 milioni di homeless in tutto il mondo e un miliardo alloggiato in case e condizioni non adeguate agli standard minimi.
Naturalmente mappare i territori non è semplice, ma qualche dato disaggregato può aiutare a inquadrare meglio la misura del problema.
In Italia la crisi economica ha triplicato il numero dei senza tetto, la cifra stimata è di 48.000 persone, ma questa non comprende i Rom e gli immigrati poiché vivono in “insediamenti informali”. Come se, nel caso degli immigrati questa fosse una scelta, uno stile di vita…
Che non è uno stile di vita lo sanno i 3.5 milioni di homeless che vivono in USA. Lo sanno i 250.000 del Giappone, altra grande potenza industriale, lo sa quel 44% di donne che costituiscono la più alta percentuale di homeless in Australia (105.000 in totale). Veterani di guerra, gente che ha perduto il lavoro, ragazze madri, persone con disturbi mentali: sono gli homeless delle città ricche. Giovani senza lavoro, padri e madri di famiglia che vivono arrangiandosi nei campi o con piccole attività dei mercati locali, persone che vivono con poco più di un dollaro al giorno, orfani: sono gli homeless dei Paesi in via di sviluppo.
Ovviamente i dati sono approssimativi ma ricordano che i diritti fondamentali non sono acquisiti una volta per tutte, né tantomeno scontati. Una lettura di questo recente Report sullo stato della povertà negli USA aiuta a comprendere il fallimento (o perlomeno le impressionanti contraddizioni) del capitalismo e la difficoltà di assicurare un alloggio e una vita dignitosa ai propri cittadini che, nel caso degli homeless, spesso possono contare solo sulla compassione e sulle azioni caritatevoli di Charity e associazioni private.
In Africa contare il numero dei senza tetto è ancora più complesso che nel mondo industrializzato. Qui esistono relazioni e sistemi di sostentamento che spesso sono più funzionali e dignitosi di quelli d’oltreoceano. Come il gruppo familiare allargato delle zone rurali, dove in uno stesso compound – o anche una semplice struttura in materiale locale e pericolosamente fatiscente – possono comunque alloggiare più famiglie.
La seconda città nella lista risulta New York City, la terza è un’altra città americana, Los Angeles.
E la situazione nel mondo non sembra destinata a migliorare. Homeless International, Reall – Real Equity for All, calcola che, nel 2020, 1miliardo e 400 milioni di persone vivranno in slum – il 60% nell’Africa sub-sahariana – con una crescita annuale del 10%. Le città nei Paesi in via di sviluppo assorbiranno il 95% della crescita della popolazione mondiale.
Che abbia a che fare con la mancanza di infrastrutture, di un basso indice di Prodotto Interno Lordo, di politiche sociali inesistenti o inadeguate, di un sistema economico al collasso, di un welfare scadente – a seconda dei Paesi in questione – la negazione del diritto alla casa rende dunque uguali milioni di persone a latitudini diverse, vittime di politiche indifferenti al benessere di ciascun essere umano. Non solo di quelli che una casa vera possono permettersela.