Ieri, secondo anniversario dell’assassinio, in Mali, a KJIdal, dei due inviati speciali francesi di RFI, Ghislaine Dupont e Claude Verlon, il mondo civile e chiamato ad a dar voce alla “Giornata per la fine dell’impunità per crimini contro i giornalisti” promossa dall’Unesco, sempre più impegnato in un programma per la libertà di espressione e dei media. I giornalisti di tutto il mondo sono invitati a dare un senso a questa giornata (ma si può, per azioni specifiche locali scegliere una data entro il 23 novembre, Giornata Ifex, Freedom International of Expression Exchange, rete globale di 95 organizzazioni non governative indipendenti per difendere e promuovere la libertà di espressione come diritto umano fondamentale), promuovendo manifestazioni, incontri, sottoscrizioni, servizi sul tema.
La Federazione sindacale mondiale, la IFJ (che tiene insieme 179 organizzazioni in 139 Paesi per un totale di 600 mila iscritti) rafforza, nell’occasione un’iniziativa culturale, sociale, di solidarietà e denuncia che dura da anni e che è una delle radici della scelta dell’Unesco di fissare una “Giornata” mondiale contro l’impunità per i i crimini ai danni dei giornalisti. La proposta era stata, infatti, lanciata dalla Ifj per la prima volta, nello scetticismo generale, una decina d’anni fa.
L’impunità mette in pericolo i giornalisti minaccia seriamente la democrazia e mina le speranze di pace e di sviluppo. Tuttavia, poiché esistono dichiarazioni e accordi internazionali per la protezione dei giornalisti nell’esercizio della professione, gli Stati hanno il dovere di attuare e di far rispettare principi di diritto internazionale.
La manifestazione internazionale simbolo della “Giornata” che si è tenuta a Bruxelles ieri pomeriggio, nel patio del Residence Palace – Rue de la Loi 155 –per iniziativa della Ifj in collaborazione con l’Associazione generale dei giornalisti professionisti del Belgio (Agjpb) e delle Nazioni Unite.
Le statistiche IFJ sono drammatiche: 118 giornalisti hanno perso la vita nell’esercizio della loro professione durante il 2014. Ma risulta che solo uno su dieci omicidi è oggetto di indagini. Oggi le aree principali della campagna contro l’impunità sono focalizzate su quattro Paesi: Messico, (49 giornalisti morti ammazzati dal 2010); Filippine (40 morti dal 2009, di cui 32 nel massacro d’Ampatuan nello stesso 2009); Ucraina (8 morti, assassinati, 125 casi di intimidazione, 322 aggressioni, 162 tentativi di censura e 196 di impedimento a operare da giornalisti testimoni dei fatti, dal 2014 a oggi; appena 54 inchieste aperte, appena 3 portate all’esame dei tribunali); Yemen, oggi forse il fronte più pericoloso (15 giornalisti uccisi dal 2011, 10 nel solo 2015, incarcerati ingiustamente. E quanto a giornalisti sbattuti in galera, la Turchia sta ora scalando tutte le classifiche.
Siamo partiti dal novembre di due anni fa, perché poco più di un mese dopo il brutale assassinio di Dupoint e Veron, dopo centinaia di altri in ogni angolo del mondo, che scossero definitivamente le coscienze, il 18 dicembre 2013 l’assemblea generale dell’Onu approvò una risoluzione con la quale dichiarò il 2 novembre Giornata internazionale per porre fine all’impunità dei crimini commessi contro i giornalisti.
Anche per l’esecuzione dei due colleghi francesi, peraltro, né le indagini delle autorità maliane né dei francesi sono approdate ad alcun risultato. Non sono stati assicurati alla giustizia e neanche identificati gli assassini.
E se alcuni Paesi almeno provano a indagare per punire i colpevoli dei crimini contro i giornalisti, tanti altri non soddisfano il loro dovere di perseguire i colpevoli di molestie, aggressioni, omicidi contro i professionisti dei media, testimoni di verità e voci per le libertà di tutti.
Impegnarsi per porre fine alle impunità, contro le violenze, le minacce e le censure ai giornalisti significa impegnarsi perché siano affermate e sostenute le condizioni di indipendenza, di autonomia e di pluralismo dei lavoro nei media e degli stessi organi di informazione.
Ecco perché questo è il momento per ricordare di reclamare tutti insieme giustizia, perché siamo sanzionati i governi che non rispettano le risoluzioni internazionali contro l’impunità, per dare spazio nei media a questo tema stringente per l’autonomia e la dignità del lavoro giornalistico finalizzato alla conoscenza e dei fatti di interesse pubblico e alla formazione di liberi convincimenti.
Per maggiori informazioni sulla campagna contro l’impunità dei crimini ai danni dei giornalisti si possono visitare le pagine dedicate del sito Ifj, nelle versioni, inglese, francese e spagnolo: attraverso le stesse pagine si può sottoscrivere il sostegno alla campagna Ifj, segnalare apprezzamento sulla pagina Facebook;
Inviare questo appello ai capi dei Governi al centro della Campagna: “Caro/a Signor/a Presidente, in questa Giornata delle Nazioni Unite contro l’impunità per gli attacchi contro i giornalisti , vi invitiamo a prendere una posizione pubblica contro ogni forma di violenza contro i professionisti dei media , e precettare tutti i propri servizi per indagare su tutti gli attacchi contro i giornalisti e il personale dei media . Grazie. ”
Inviare questi messaggi e condividergli con la IFJ.
Tenersi in contatto e moltiplicare i messaggi su Twitter: #endimpunity
(nella foto Journalists and IFJ staff in Brussels united against impunity on 2 November 2015. Credit EO/IFJ)