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Weill e Brecht all’opera di Roma

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Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny -Ascesa e rovina della città di Mahagonny – è un’opera nata dall’unione di Kurt Weill e Bertolt Brecht poco prima del 1928 quando il loro capolavoro più amato “l’Opera da tre soldi” andò in scena il 31 agosto a Berlino.
Mahagonny, tratta dai cinque Canti di Mahagonny inclusi nel “Libro di devozioni domestiche” di Brecht, fu rappresentata per la prima volta a Lipsia nel 1930, la coscienza dell’assurdo della vita indegna colpì lo spettatore sin da subito e l’opera in tre atti fu da molti contestata anche dai socialisti marxisti, per poi -dopo alcune rappresentazioni- diventare invisibile con l’avvento del nazismo, come tutta l’opera Brechtiana, il dopoguerra ne ha favorito il ritorno.

I divieti e le regole della vedova Begbick -fondatrice della città di Mahagonny con i suoi compari fuggiaschi Trinity Moses e Fatty-
arrivano al Costanzi, Teatro dell’Opera di Roma, come comandamenti religiosi da seguire, non su tavole di pietra ma su cartelli affissi in un aereoporto moderno. Regole che guidano la tranquilla esistenza di piacere di chi giunge nella città della concordia del capitale, in cui l’amore si compra da Jenny e le altre ragazze come il gin e il whisky.

Mahagonny è segnata ben presto dall’arrivo dell’Apocalisse immaginata come la notte dell’Uragano che spinge Jim Mahoney, taglialegna giunto in città dall’Alaska insieme ai suoi compagni, alla disobbedienza in cui tutto è lecito.
Scampati alla tragedia, la colpa e la condanna a morte giungono per lui per la mancanza di denaro, perso nella fatale partita di boxe tra AlaskyWolfJoe e Trinity-Mosese, e Graham Vick regista visionario dell’opera -realizzata in coproduzione con La Fenice ed il Palau de Les Arts Reina Sofia di Valencia e affidata alla direzione di John Axelrod  – muta una possibile crocifissione in un carrello giallo in cui gli uomini malati del peccato più grande, la povertà, vengono gettati.

Il pensiero di Kurt Weill divergente in parte da quello di Bertolt Brecht mosso da un’ispirazione sociale e ideologica assoluta cela la genesi di una composizione con un linguaggio musicale volutamente nuovo , un unicum legato al gesto nella parola nella musica e nell’immagine, nello spirito della parodia e della citazione, un dono unico che solo le dissonanze sanno creare.

La scelta di rappresentare “Ascesa e rovina della città di Mahagonny” attualizzandola, risulta terribilmente credibile, le parole di Brecht per cui la miseria degli altri è insopportabile non tradiscono il povero che è tra noi, si chiami esso profugo o esiliato, una sensazione d’abbattimento ci trafigge sfiorando il giudizio capitale ancora legge in molte terre dell’oro e i suoi indispensabili, gli uomini che lottano tutta la vita restano l’unica luce.
“Se viene Mahagonny me ne vado io!”così le parole di Brecht “per il denaro”, “per la lotta di tutti contro tutti”, “per il coraggio contro gli inermi”, “per chiudere i confini” così le parole esibite dai palchi del Teatro Costanzi, che ci aiutano a vedere.


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