Oggi avrei voluto pensare ad altri problemi ma il 32mo congresso dell’Associazione nazionale magistrati in una città meridionale che mi è cara per tanti ricordi come la capitale della Puglia, Bari, mi costringe a intervenire sia pure brevemente sulla forte tensione che, anche in questa crisi che non accenna a finire, caratterizza la scena italiana. A sentire il discorso di apertura che il presidente dell’A.N.M. Sabelli ha tenuto proprio oggi alla presenza del Capo dello Stato Mattarella, i magistrati della penisola da una parte rivendicano la difesa della dignità che il ruolo rivestito nella società contemporanea li induce a difendere e, d’altra parte, osservano che la carta dei diritti sociali è ancora troppo smilza e povera.
E subito dopo che la supplenza così criticata dalla classe politica deriva quasi sempre dalle inerzie della legislazione e dalle carenze dell’azione riformatrice. Non soltanto nella riforma necessaria del processo in sede penale come in quella civile e si traduce spesso in una forma di delegittimazione dell’opera dei magistrati. Il tutto all’insegna di una subordinazione della società a leggi astratte dell’economia che finiscono per consolidare il dominio della parte già privilegiata nella società contemporanea.
Da parte dei magistrati al primo ministro in carica arriva l’invito aperto a compiere riforme coraggiose che favoriscano la crescita dei diritti sociali e individuali, valorizzino il ruolo di collaborazione dei giudici e dei politici nella difesa della Costituzione e delle leggi e chiedano al parlamento come alla politica quell’appoggio di fondo che dovrebbe nascere dalla consapevolezza dei compiti, diversi ma convergenti, che pure spettano ai ruoli diversi che giudici e politici continuano ad avere nella società contemporanea.
E in questo senso, è il caso di leggere con attenzione il saggio su La mosca cieca che una personalità di grande qualità come è, senza alcun dubbio, il giurista Gustavo Zagrebelscy, mio collega a lungo nell’Università di Torino, ha appena pubblicato e che mette in luce la spensieratezza e l’assenza dei progetti di lungo periodo-se si esclude quello di durare il più possibile al potere, che sembra caratterizzare proprio quelli che in questo momento hanno l’onore e l’onere di reggere il governo nazionale.