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Mondadori-Rcs: viene voglia di rileggere “l’impronta dell’editore” di Calasso

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“Un buon editore è quello che pubblica un decimo dei libri che vorrebbe e forse dovrebbe pubblicare. Come ombre amiche i libri ci fanno cenno da luoghi remoti, da spazi che sono immensi, in attesa di essere di nuovo evocate, nella forma usuale di pagine da leggere”. (Roberto Calasso)
In queste ore in cui dopo un lungo periodo di trattative Rcs Media Group ha siglato il contratto per la cessione di Rcs Libri alla Mondadori per 127,5 milioni, su una valutazione complessiva di 130 milioni, viene voglia di rileggere “l’impronta dell’editore” il libro di Roberto Calasso. L’uomo a cui Rcs cederà il 58% di Adelphi Edizioni lasciando la casa editrice fuori dall’accordo che permetterà al gruppo della famiglia Berlusconi che possiede già  Einaudi, Piemme, Sperling & Kupfer, Frassinelli ed Electa di aggiudicarsi il 35 per cento del mercato dei libri, acquisendo i marchi Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Marsilio, Bur, Sonzogno, Etas e tutta la divisione education.
Nelle pagine del suo libro Calasso, fondatore di Adelphi e che dal 1999 -dopo essere stato direttore editoriale e consigliere delegato- ne è il presidente, racconta il cammino dalle origini della casa editrice a cinquant’anni dalla sua fondazione.
Un viaggio insieme a Luciano Foà e Roberto Bazlen attraverso le parole di autori come Joseph Roth, Nietzsche, Kafka, Maugham, Wittengstein, Musil, Borges, Lernet-Holenia, Simenon, Cioran, Pessoa, Canetti e un dipinto dell’arte dell’editoria perché  “ ogni vero editore compone, senza saperlo o anche sapendolo, un unico libro formato da tutti i libri che pubblica”.
E per questo giunti all’ultima pagina si è perdutamente convinti che “l’impronta” che un lettore merita deve essere diversificata, per questo le menti di Giulio Einaudi, Valentino Bompiani, Livio Garzanti, hanno dato in questi anni respiro alle domande e linfa ai desideri di ognuno di noi, illuminando i nostri occhi ebbri dell’alchimia che afferra e scuote il cuore: la lettura. Nei carteggi autori come Pasolini, Calvino, Vittorini, Fenoglio, Natalia Ginzburg, Sciascia e la Morante si raccontavano e confrontavano sul loro scrivere, sulle case editrici, sui manoscritti adorati o rifiutati da uomini diversi che amavano le parole e i loro autori, da uomini diversi che avevano il talento e la libertà di decidere, anche di sbagliare, un segno inconfondibile.
L’obiezione spesso è che non esistono più menti capaci di tanta bellezza, ma tramutare i “mecenati” del passato in un unico “Principe dell’editoria” non è la risposta. I cantori della legge di mercato dinanzi al sogno della pluralità di uomini intelligenti, colti, visionari, sorrideranno, onore alla furberia, i semplici amanti dell’odore della carta diverso per ogni editore, dell’intensità del nero dei caratteri, della sublime vibrazione di poesia o di inquietudine donata dal contenuto di una singola pagina molto meno.
E non è solo la forza del sentimento che spinge alla rivolta del: ” io sono contro” è la storia delle parole e di tanti uomini liberi che ha aperto il mondo.

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