Maria Grazia Capulli era una di noi: una giornalista, una professionista di grande valore, un’amica e una convinta sostenitrice dell’articolo 21 della Costituzione. Ma era anche qualcosa di più, qualcosa di molto raro in questi tempi tristi e difficili: era una persona perbene e non se ne vergognava; anzi, ne andava fiera. Amante dell’arte, della cultura, della poesia, della bellezza e di un’idea di giornalismo volta a far crescere e rendere migliore la collettività, la Capulli era l’emblema di come dovrebbe essere il servizio pubblico, senza urla, senza volgarità, senza cattiveria. E forse, sia detto senza retorica, era il simbolo di un’altra idea di società, di una visione del mondo più aperta, più costruttiva, più dolce, semplicemente più giusta e più libera di quella cupa e davvero insopportabile nella quale siamo immersi.
Credeva, da persona che aveva deciso di dedicare il proprio lavoro agli argomenti che molti di noi tralasciano in nome dell’audience e dello scoop da due soldi, che anche gli onesti dovessero fare notizia, che le periferie del dolore e della sofferenza dovessero essere illuminate, che dovesse esserci giustizia anche per i poveri e per i senza voce e, infine, che l’utopia di un mondo migliore dovesse essere coltivata con assiduità, quasi come un dovere morale, da chi fa informazione e ha su di sé responsabilità notevoli, assai più ampie di quel che tanti giornalisti credono.
Una sognatrice, una magnifica sognatrice: questo era la nostra collega Maria Grazia Capulli, dotata di una convinzione tenace e costruttiva, di speranze profonde e della ferma volontà di trasformare i suoi desideri in realtà, senza lasciarsi contagiare dal virus, purtroppo assai diffuso, del cinismo e dell’indifferenza ai tormenti del prossimo.
Una vita breve, la sua, troppo breve ma comunque intensa, come quella di un fiore che, dopo essere stato inondato di luce ed essersi inebriato per la meraviglia della primavera e dell’estate, se ne va, in pieno autunno, come una foglia abbandonata al vento.
Ciao Maria Grazia, con immenso dolore.